La Nuova Sardegna

Pirastu: «Il Dna dei sardi è al sicuro»

di Paolo Merlini

Parla il genetista che guidò il progetto Shardna, poi fallito: «Sui campioni di 14mila cittadini garantisce il Cnr»

10 aprile 2015
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NUORO. «Lavoro ormai da vent’anni alle ricerche genetiche in Ogliastra, e continuo a non capire perché periodicamente venga sollevato il problema. Lo ribadisco: tutto ciò che è stato raccolto tra la popolazione d’Ogliastra è al sicuro, dati e campioni sono stati consegnati a ricercatori che li devono utilizzare con un unico fine, che è quello dell’attività scientifica». Mario Pirastu, il genetista che con Renato Soru ha fondato Shardna, oggi in procedura fallimentare, smorza le polemiche sul caso del Parco Genos, dove sono custoditi i campioni del Dna di 14mila ogliastrini e i rispettivi alberi genealogici. Lo stesso Pirastu è stato presidente di Genos sino a tre anni fa, quando alla guida del parco genetico dell’Ogliastra è subentrato Franco Tegas, sindaco di Talana, uno dei pasesi maggiormente interessati dallo screening genetico. Lo studio, infatti, avviato a partire dal 1996, prendeva in esame i paesi cosiddetti isolati genetici, dove a causa dell’isolamento geografico, della scarsa immigrazione e di una sostanziale endogamia si sono mantenuti nei secoli caratteri genetici omogenei. Il rischio che tutto il materiale raccolto, dopo la fine ingloriosa del progetto Shardna, almeno dal punto di vista societario, finisca per così dire all’asta, nasce dal fatto che i comuni di Perdasdefogu e Talana, sino a poco tempo fa proprietari del 54 per cento delle quote del consorzio Genos, si sono dovuti disfare – per via delle norme sempre più restrittive che regolano gli enti locali e le loro società partecipate – prima del 36 % (per poco meno di 27mila euro), e ora del restante 18%. In questo modo verrebbe a mancare la funzione dei comuni come garanti dei cittadini che, in modo volontario e gratuitamente, hanno aderito al progetto di ricerca genetica. «Punteremo a mantenere un quota minima, anche l’0,5% – dice il sindaco Tegas – così da poter vigilare sulla salvaguardia di questi dati».

Ma è ancora Pirastu a buttare acqua sul fuoco della polemica. «L’assetto societario del Parco Genos può mutare quanto si vuole, ma la biobanca resterà sempre al sicuro perché garantisce il Cnr». Pur non comparendo tra i soci del Parco Genos (che ha un capitale sociale di 76mila euro), infatti, l’istituto nazionale di ricerca ne è il principale finanziatore. Resta il fatto che ora le attività del consorzio sono ridotte ai minimi termini: andati via i ricercatori dopo la chiusura di Shardna, nella sede di Genos, ospitato nell’istituto professionale di Perdasdefogu, lavora soltanto una biologa in regime di part time, il cui compito è sostanzialmente vigilare che le celle frigo dove sono custoditi i campioni di Dna restino in funzione.

Pirastu sottolinea inoltre come tutti i cittadini che hanno partecipato al progetto e offerto campioni del proprio Dna possono in qualsiasi momento ritirare la propria adesione e chiedere la distruzione dei dati che li riguardano. In che modo, recandosi a Perdasdefogu? «Anche con una email», dice Pirastu (nel sito web parcogenos.com tutti i contatti). Resta in ogni caso l’amarezza per un progetto costato milioni di danaro pubblico i cui risultati sono sostanzialmente inutilizzati. Ora potrebbe rientrare in un progetto nazionale del Cnr sugli isolati genetici, dice Pirastu, ma anche la Regione dovrebbe fare la sua parte.

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