La Nuova Sardegna

Carciofi, business da 100 milioni: dopo il calo primi segni di ripresa

di Pier Giorgio Pinna
Carciofi, business da 100 milioni: dopo il calo primi segni di ripresa

Viaggio nelle terre fertili del bio dalla valle del Coghinas fino al Nordovest e al Campidano Sull’annata stime ancora provvisorie. Coldiretti: «Vogliamo dare più peso alle nostre eccellenze»

23 febbraio 2015
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SASSARI. C’è un calo, certo: nell’isola sono stati prodotti meno carciofi dell’anno scorso. E le previsioni dicono che il divario non potrà venire superato nemmeno a fine stagione. Ma dai mercati sardi arrivano comunque segnali favorevoli su varietà come lo spinoso e il dop. Così nelle terre fertili della bio-agricoltura sarda, dalla valle del Coghinas sino al Nordovest e al Campidano, si stringono i denti in attesa di tempi migliori. La gente, nei campi, s’industria a trovare soluzioni moderne per valorizzare al meglio le produzioni. E ne vale pena. Perché il giro d’affari resta da record: ogni 12 mesi almeno cento milioni di euro, la metà del business annuale derivato dal pecorino romano.

Le stime. L’evoluzione delle valutazioni sull’andamento stagionale è a ogni modo una specie di work in progress: man mano che arrivano gli ultimi dati si lavora per aggiornare in diretta il quadro di riferimento. Le stime restano provvisorie perché naturalmente mancano i numeri di fine febbraio e di marzo, mesi nei quali in genere si toccano i picchi produttivi. E si calcola una riduzione dei terreni coltivati da quasi 13mila a 11mila ettari.

Organizzazioni di categoria. La Coldiretti, che ha una visione allargata all’intero quadro regionale, parla di una perdita del 25% rispetto agli anni precedenti. Ma in attesa di un recupero nelle prossime settimane prevede che i danni si possano contenere. «Il carciofo è una delle nostre eccellenze – spiega il presidente regionale della Coldiretti, Battista Cualbu – Oggi la produzione è stata penalizzata: prima da un autunno anomalo, poi dalla prolungata siccità e dalle gelate di fine anno e fine gennaio». «Ma come associazione», continua Cualbu, «vogliamo ridare potere contrattuale e rendere protagonisti gli agricoltori, cosi come stiamo facendo in altri settori: con i pastori per latte e lana e per i produttori di pomodoro, per citare due casi».

Le piazze. Si pensa soprattutto a nuovi sbocchi commerciali e ad accorciare la filiera. «Oltre alla vendita diretta fatta con successo attraverso la Campagna Amica, mi riferisco all’intesa tra Carrefour e Fai, Firmato Agricoltori Italiani, un progetto Coldiretti – dice Cualbu – L'accordo prevede due linee. In una s’immettono le produzioni locali nel mercato nazionale della grande distribuzione, colmando il deficit dei più piccoli, che non possono intrattenere rapporti con gli ipermercati. Nell'altra linea invece trasferiamo la filiera corta nella distribuzione organizzata».

Il piano. «Per adesso il progetto è limitato all'ortofrutta, prevediamo però di estenderlo a tutte le nostre altre merci di qualità – conclude Battista Cualbu – Perché adesso abbiamo produttori preparati, professionalmente formati, che conoscono bene le norme. Per l'utilizzo dei fitofarmaci seguono corsi specifici. E così prendono il patentino verde. Che nel caso dei carciofi serve per curare le fitopatie, malattie funginee e attacchi degli insetti, oltre che a rispettare i tempi di carenza, cioè il periodo tra l'ultimo trattamento e la messa in commercio». Misure, insomma, per garantire prodotti salubri e rispettare l'ambiente.

Carenze. Non mancano difficoltà generali, come appare evidente dai discorsi degli stessi operatori. Un esempio? Eccolo. I tradizionali mercati che apprezzano spinosi e dop - Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto – sono raggiungibili sempre, sia pure con qualche problema legato a trasporti e tariffe. «Ma a volte, a causa degli strani giri delle intermediazioni, i nostri carciofi partono per la penisola e poi tornano indietro in Sardegna», sottolineano con disappunto parecchi contadini. Più ostacoli ancora lungo i percorsi per l’Europa centrale e altri Paesi. «L’export diretto in quei casi non esiste, e di sicuro il sistematico conferimento alle Unioni commerciali favorirebbe la possibilità di spuntare migliori condizioni di piazzamento e vendita su quei mercati», non si stancano di ripetere i produttori dell’isola.

Gli sviluppi. Tanti problemi, a ben vedere. Con qualche compensazione positiva, però. Come dimostrano le sperimentazioni di carattere scientifico. Grazie a tecniche innovative Porto Conte Ricerche fa passi da gigante nell’alimentare avanzato e nell’agrifood. Specialmente per gli Mpr, i prodotti “minimamente processati e refrigerati”, oggi sempre più richiesti perché rispondono alle esigenze di velocità e facilità di preparazione dei pasti. A Tramariglio, vicino ad Alghero, oggi si conducono così studi mirati su 12 prototipi di carciofi Mpr: 3 gamme commerciali per 4 varietà. Tutti coltivati in Sardegna. E destinati anche a consentire di offrire d’estate ai turisti spinosi e dop freschissimi: ultimo ritrovato di un’altra eccellenza made in Sardinia.

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