La Nuova Sardegna

LA RIFORMA

Province, si torna ai quattro enti storici

di Luca Rojch
Province, si torna ai quattro enti storici

L’assessore regionale Erriu oggi presenta il piano ai sindacati: la priorità è salvare tutti i 2500 lavoratori che passeranno ad altre amministrazioni e manterranno le loro competenze

22 dicembre 2014
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SASSARI. Un buco nero. Destinate a scomparire, inghiottite da un referendum votato di pancia, le Province stanno per diventare il boomerang della spending rewiev del governo. Tenaci come un batterio sopravvivono a qualsiasi piano di distruzione. E come per paradosso la rivoluzione per ora si presenta come un ritorno al passato. Alle quattro Province storiche. Anche se sembrano essere sempre più contenitori vuoti. Enti senza anima. L'idea di cancellarle con un colpo di penna è già naufragata. In particolare per la Regione che ora si trova a dover salvare 2500 posti di lavoro. Tanti sono i dipendenti delle Province e delle società in house. L'assessore agli Enti locali Cristiano Erriu (nella foto) domani presenterà il disegno di legge di riforma. Oggi lo anticipa ai sindacati, e cerca di spargere un po’ di ottimismo. Erriu spiega cosa accadrà nei prossimi mesi. Cronaca di un’eutanasia infinita.

Diversi dall'Italia. Il governo ha varato un piano per cancellare le Province. Prevede di ricollocare i lavoratori in altri enti. Se questo non dovesse avvenire entro due anni scatterà la procedura di mobilità. «Ma questo modello non si applica alla Sardegna – spiega Erriu –. Noi abbiamo seguito un percorso diverso. E anche in questo caso la nostra prima preoccupazione sarà tutelare ogni posto di lavoro». Anche se la Regione in un certo senso è costretta a subire questa rivoluzione in due atti.

L'esercito dei dipendenti. Erriu ha tra le mani i numeri dei lavoratori. «Le Province hanno 2mila dipendenti a cui si devono aggiungere altre 500 persone che fanno parte delle società in house – spiega l'assessore –. È chiaro che con la riforma una parte di questi dovrà essere assorbita dagli enti che prenderanno il posto delle Province».

Provincia light. Lo schema prevede un ritorno al passato. Entro sei mesi si passerà alle 4 Province storiche. Cancellate quelle di istituzione regionale. Ma i centri come Bosa e alcuni paesi del Sarcidano, che con un referendum hanno scelto di cambiare Provincia resteranno in quella da loro votata. Nel disegno della Regione ci sarà anche uno svuotamento progressivo delle competenze di quelle storiche. «Molte delle funzioni passeranno alle unioni dei comuni che si dovranno formare e ai singoli comuni. E una parte dei dipendenti delle Province passerà con le proprie competenze – spiega Erriu –. In poche parole il lavoratore si sposterà insieme al compito che svolgeva nella Provincia all'interno dell'ente che se ne farà carico». Se l'Unione dei comuni avrà la competenza sulle scuole o sulle strade dovrà farsi carico dei lavoratori che ora se ne occupano. Un’operazione complicata. Perché come lo stesso assessore spiega: «Ci sono 140 competenze che fanno capo alle Province e devono essere trasferite – continua Erriu –. Anche perché a livello nazionale dal 2014 dovranno essere immessi 400 milioni dalle casse delle Province a quelle dello Stato. Mi spiego meglio. Non saranno bloccati i fondi, che già sono ridotti, ma sarà lo Stato a pretendere i soldi». Lo farà anche attraverso l’uso delle risorse che arrivano alle Province dalla quota dell’assicurazione delle auto. In casi particolari lo Stato potrà bloccare questi fondi e farli propri. Una sorta di esproprio forzoso.

4X4. Il risultato della riforma è un temporaneo ritorno al passato. Alle 4 Province storiche. Una scelta imposta, non perché la Regione le voglia salvare, ma perché di fatto sono state istituite da leggi costituzionali e statali. E la Regione non può cancellarle con un proprio atto. Per questo dovrà attendere la riforma del Titolo V. Fino a quel momento le Province resteranno in vita. Zombie, facciate senza anima. Contenitori di nulla.

Rivoluzione gattopardesca. La Regione non lo dice ma di fatto si trova costretta a portare avanti una rivoluzione che cancella le Province, ma di fatto trasferisce dipendenti, costi e competenze su altri enti. Comuni, città metropolitane, Unioni dei comuni. Decisione obbligata. L'alternativa sarebbe una scelta lacrime e sangue. Con la cancellazione dei 2500 posti di lavoro. Ma si cerca di guidare la riforma. «Per questo per prima cosa oggi incontriamo i sindacati – continua –. L’idea è creare un osservatorio in cui siano parte attiva anche i sindacati».

Le partecipate. Sono forse la vera incognita della riforma. Il vaso di coccio che rischia di finire in mille pezzi negli urti di questa rivoluzione violenta. Erriu cerca di ipotizzare una soluzione. «Le partecipate sopravviveranno perché hanno un compito essenziale – spiega –. Saranno gli enti che subentrano alle Province nelle competenze ad assorbire le quote delle partecipate. Saranno questi a decidere se far sopravvivere le società in house e quali compiti assegnare loro». Il rischio è che ne venga decisa la liquidazione e per i 500 dipendenti ci sia il baratro della disoccupazione.

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