La Nuova Sardegna

“Partecipate”: 240 milioni per il personale

di Pier Giorgio Pinna
“Partecipate”: 240 milioni per il personale

Più di due terzi delle uscite delle società regionali ancora oggi destinate al pagamento degli stipendi

20 dicembre 2014
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SASSARI. Pozzo mangiasoldi per la gran parte dei sardi. Bancomat sempre in funzione solo per pochi privilegiati tra spartizioni, favori, clientele. La radiografia di alcune tra le 26 partecipate regionali è tutta qui. Almeno stando alle Procure della Repubblica, che già prima dell'ultimo affaire, il Caso Igea, hanno indagato nei bilanci di società a capitale pubblico. E almeno stando al prezioso lavoro della Corte dei conti, che non ha mai risparmiato critiche sull'assenza di adeguati controlli. Giudizi che oggi trovano puntuali conferme in sprechi e strane “uscite”. Dati e numeri, comunque, consentono di capire meglio.

Dismissioni virtuali. Undici le partecipate che da tempo avrebbero dovuto cessare ogni attività. Nella lista, ai primi posti, c'è proprio l'Igea, chiamata nel Sulcis alle bonifiche e alla riconversione industriale ma gradatamente trasformata in una specie d'ufficio di collocamento, con metodi giudicati dalla magistratura assolutamente discutibili. Accanto, in graduatoria, il Consorzio Forgea, del quale la Regione detiene poco più del 50%. Segue la Fluorite Srl. Fra le altre aziende mai dismesse, figurano la Srl Hydrocontrol, la Spa Intex, la N.M. Silius, Progemisa, Sarind, Sigma Invest, Sipas, Sogeaor e Stl.

Buste-paga. E se anno dopo anno l'esborso complessivo per la collettività è dunque di almeno 330 milioni, vale la pena senz'altro di sottolineare un aspetto significativo: la gran parte di questa montagna di denaro pubblico, 240 milioni, è destinato a pagare gli stipendi del personale dislocato nelle 26 Spa e Srl. In tutto, la bellezza di 5.638 addetti. E 124 assunti nel 2014, come non ha mancato di far rilevare in queste ore il deputato dei Riformatori Pierpaolo Vargiu nella sua interrogazione al ministro Padoan. Nel complesso, a ogni modo, molti più dell'intero organico dei regionali.

Numeri. Ma ci sono altri elementi analogamente emblematici in un quadro di assetti che com'è evidente non può reggere - e infatti non regge - sul piano economico. Soprattutto se si valuta ciascun problema solamente in una logica di costi-benefici. Un esempio per tutti? Eccolo subito. Due milioni e mezzo è la somma riservata annualmente ai 77 componenti di organi d'amministrazione delle diverse società. Sono Cda e altri organismi sopravvissuti ai referendum del 2012: perché prima erano ancora di più. Ciascuno dei membri si porta a casa in media 31.287 euro ogni dodici mesi.

Le valutazioni. «Altrettanto disastrosa appare la corrosiva ramificazione negli altri livelli dell'amministrazione sarda - sottolinea Vargiu, che come parlamentare ha potuto studiare per i particolari riflessi sull'isola il Dossier Cottarelli - Il perché è presto detto. Le Province, in liquidazione per effetto dei referendum regionali del maggio 2012 e delle norme abrogative statali, contano a loro volta 30 società del tutto o parzialmente nelle stesse condizioni. Mentre più in generale nell'isola sono 135 le partecipate comunali, con una pletora di 4.731 dipendenti». Una somma di aspetti negativi che consentirebbe di attribuire alla Sardegna un primato poco invidiabile: nei municipi, il più alto numero percentuale di questi dipendenti tra tutte le regioni meridionali. Addirittura 2,9 ogni mille abitanti.

In attività. Quasi la metà delle Srl, delle società in house e delle Spa che fanno capo ai diversi assessorati regionali non sono invece destinate a cessare presto la loro azione, che spesso si esercita nella copertura di servizi pubblici. Dai trasporti, come Arst, Geasar, Sogeal e Saremar, alla gestione idrica (Abbanoa), alle miniere (Carbosulcis), sino alla programmazione (Sotacarbo, Sfirs, Bic, Fase 1), al lavoro e agli affari generali (Insar e Janna). Va a ogni modo rimarcato che non tutte le controllate sono in rosso e costituiscono un buco nero. Qualcuna, anzi, si salva nonostante il quadro generale d'inserimento della sua attività appaia ormai del tutto anacronistico.

Ultime stime. Pierpaolo Vargiu ha quindi buon gioco a ricordare l'approvazione dell'emendamento sostenuto dai Riformatori che introduce il principio della trasparenza della Pa nella riforma della Costituzione. «Adesso – prosegue il deputato – si tratta di tradurre in legge lo smantellamento delle partecipate: sistema che, per sua stessa natura, crea una zona opaca di influenza pervasiva della politica e rischia di essere continua fonte d'illegalità». Nel frattempo, riflettori puntati su Igea. «Dove quel che più strano è un aspetto preciso - conclude Vargiu - E cioè che nel 2012 è riuscita ad assegnare 44 studi e consulenze esterne, per l'importo di 299.949 euro, che si riducevano a "sole" 23. per 92.684 euro, nel 2013».

Il caso. Non si sono rivelati utili a risanare i conti della partecipata al centro della bufera giudiziaria neppure gli interventi di spending review. Negli ultimi anni gli amministratori sono scesi da 3 a 1. Ma gli emolumenti non si sono ridotti a un terzo: passano da 66.300 euro del 2012 ai 52.000 del 2013. E intanto sarebbero cresciuti quelli dei revisori dei conti: dai 62.130 euro di 2 anni fa ai 70.815 euro dell'anno scorso.

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