La Nuova Sardegna

Processo sospeso: gli atti alla Corte costituzionale

di Valeria Gianoglio

Un mese fa la Regione Sardegna aveva sollevato una questione di legittimità: contestata la norma secondo cui solo lo Stato può chiedere il risarcimento

19 dicembre 2014
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DALL’INVIATO A LANUSEI. Un nuovo folto gruppo di parti civili ammesse al processo: diversi malati o loro parenti, il comitato Gettiamo le basi di Mariella Cao, la Regione Sardegna.

Altrettante che invece non vengono ammesse dal giudice monocratico Nicola Caschili: il Wwf, Sardigna Natzione di Bustianu Cumpostu, il gruppo d’intervento giuridico, Su Giassu, il Comitadu a difesa de s’etnia sarda. E in gran parte, come chiedevano i difensori Francesco Caput, Pierfrancesco Caput, Leonardo Filippi e Andrea Chelo, le associazioni non vengono ammesse perché il giudice non le ritiene portatrici di un interesse specifico e concreto nella vicenda o perché, come nel caso dell’associazione di Doddore Meloni, “tutelano interessi estranei al fatto contestato”.

Ma il vero colpo di scena, l’udienza di ieri sul caso Quirra, si legge nell’ultima pagina dell’ordinanza del giudice Caschili. È una parte zeppa di codici e riferimenti a norme di legge che si traduce in un effetto immediato e dirompente: il processo sul caso Quirra, da ieri, è sospeso.

E lo sarà, stando ai pratici di diritto, per almeno un anno. Da ieri, infatti, la vicenda Quirra approda anche sul tavolo della Consulta che dovrà pronunciarsi su una questione di legittimità costituzionale sollevata nell’udienza scorsa dalla Regione Sardegna. Circa un mesetto fa, infatti, succede che nell’aula del tribunale di Lanusei dove si è appena aperto il processo per i fatti di Quirra, al momento in cui il giudice dà la parola alle aspiranti nuove parti civili, la Regione, attraverso il suo avvocato, lancia una “bomba”. Solleva, infatti, una questione di legittimità costituzionale di un preciso articolo di legge. Si tratta dell’articolo 311, comma 1, del decreto legislativo 152 del 2006. È il testo unico sull’ambiente e quell’articolo attribuisce al solo ministero dell’Ambiente e per esso allo Stato la legittimazione a costituirsi parte civile in un processo per chiedere il risarcimento dei danni ambientali subìti.

Per la Regione questa norma è incostituzionale. «Anche noi come Regione dovremmo essere legittimati a chiedere il risarcimento per un danno ambientale», sostiene, in sostanza, il legale. Per il giudice insomma, è una bella gatta da pelare insieme alla marea di nuove parti civili. Così, per studiare a fondo la questione e consultare la giurisprudenza, il magistrato decide di prendere tempo e rinviare la sua pronuncia in una nuova udienza fissata per il 18 dicembre.

E siamo a ieri, dunque, quando il giudice entra in aula e pronuncia il suo verdetto. «Il giudice – legge – rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 311 comma 1 decreto legislativo 152/2006, nella parte in cui attribuisce al ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, e per esso allo Stato, la legittimazione all’esercizio dell’azione per il risarcimento del danno ambientale, escludendo la legittimazione concorrente o sostitutiva della regione e degli enti locali sul cui territorio si è verificato il danno».

Nella stessa ordinanza il giudice decide anche di sospendere «il procedimento e ai sensi dell’articolo 159 codice penale il corso della prescrizione. Dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale».

Da adesso in poi, dunque, la palla passa alla Consulta e la storia insegna che su questioni simili non impiega meno di un anno per dare il suo verdetto. Nel frattempo il processo Quirra è sospeso, anche se in base alle norme il giudice poteva anche decidere di farlo proseguire lo stesso. (v.g.)

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