La Nuova Sardegna

Scelta del deposito delle scorie nucleari: decisione il 3 gennaio

Scelta del deposito delle scorie nucleari: decisione il 3 gennaio

Sogin e Ispra devono indicare le cinque regioni candidate: l’isola rischia, ma il dissesto idrogeologico potrebbe salvarla

16 dicembre 2014
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CAGLIARI. Dal 15 dicembre, ieri, al 3 gennaio: ormai è uno stillicidio. La società pubblica nazionale Sogin per lo stoccaggio delle scorie radioattive, si è presa qualche altro giorno di tempo. Solo all’inizio dell’anno prossimo farà sapere dove vorrebbe aprire il deposito unico nazionale di quei rifiuti che nessuno vuole. La Sardegna meno che mai. L’annuncio era atteso per l’inizio di questa settimana, con l’indicazione all’Istituto superiore per la protezione ambientale, l’Ispra, delle cinque regioni candidate a smaltire 90mila metri cubi di scorie per i prossimi 40 anni. Il pericolo per la Sardegna è tutt’altro che scampato: potrebbe essere ancora inclusa nell’elenco delle candidate, o comunque «nessuna regione può ritenersi esclusa a priori», come il Governo ha risposto di recente a una recente interrogazione del deputato Mauro Pili di Unidos. Nei giorni scorsi, il fronte del no al deposito è stato rinforzato anche dal movimento anti-nucleare con una manifestazione a Cagliari, con cui è stato sollecitato al presidente della Regione «un forte impegno per evitare che la Sardegna sia presa anche solo in considerazione come possibile sito-pattumiera». Se questo accadesse, hanno scritto in un comunicato i manifestanti «la rivolta popolare sarebbe immediata». Chiaro il riferimento al referendum consultivo del 2011 quando il 97 per cento dei sardi disse no a qualunque tipo di nucleare, dall’energia ai rifiuti, nell’isola.

I rischi. Quante sono le probabilità per la Sardegna di finire nella lista? Sulla carta abbastanza, almeno secondo i criteri vincolanti decisi dallo stesso Istituto per individuale il sito ideale. Non dovrà essere una regione sismica, e la Sardegna non lo è. Il deposito dovrà essere lontano almeno dieci chilometri dalle coste, dai centri urbani, dalle strade trafficate, e diverse zone interne dell’isola queste caratteristiche le hanno tutte almeno sulla carta. A mettere al riparo la Sardegna però potrebbe essere un suo storico tallone d’Achille: buona parte dei suoi Comuni sono ancora ad alto rischio idrogeologico, mentre l’Ispra ha scritto: «Bisogna avere la certezza che non ci sia il pericolo di smottamenti se piove forte». Dunque, le alluvioni potrebbero essere addirittura una salvezza cui aggrapparsi.

Avanti i volontari. Nell’annunciare che il «percorso per arrivare alla scelta definitiva sarà comunque lungo» e «l’apertura del deposito avverrà in ogni caso non prima del 2024», il presidente della Sogin pochi giorni fa detto anche altro. «Non è vero che sappiamo già dove fare il deposito – le parole di Giuseppe Zollino a un convegno auto-prodotto – sarebbe auspicabile invece un movimento dal basso, con almeno cinque o sei candidature volontarie da parte delle aree che ai primi di gennaio saranno inserite nella lista delle regioni idonee». Insomma, la società pubblica si aspetta che qualcuno si faccia avanti e per rendere più appetibile l’offerta ha fatto sapere che per «la costruzione del deposito nazionale è previsto un finanziamento di 1,5 miliardi e sono possibili almeno 1500 posti di lavoro». La trappola così è organizzata, finirci dentro con mani e piedi sarebbe per una follia suicida per l’isola. (ua)

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