La Nuova Sardegna

Elva Lutza, un canto tra Sardegna e Provenza

di Walter Porcedda
Elva Lutza, un canto tra Sardegna e Provenza

La formazione sassarese con il cantante Renat Sette ha presentato dal vivo l’album “Amada”

02 dicembre 2014
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CAGLIARI. Elva Lutza è una certezza della nuova musica sarda. Punto di incrocio alto tra ricerca e popolare, vocazione jazz e ora persino una forte attenzione alle nuove sonorità digitali. Ed è un vero miracolo come questi linguaggi apparentemente lontani siano stati portati a sintesi mescolando in modo fluente antico e nuovo. E’ cioè un sound che ha la Sardegna nel cuore, l’orizzonte vasto del Mediterraneo e l’orecchio attento al nostro tempo. Ecco così entrare nel raggio d’azione del chitarrista Gianluca Dessì e del trombettista - e splendida voce – Nico Casu, nocciolo duro della formazione sassarese, la Provenza. La voglia cioè di indagare le fonti stesse del canto trobadorico. Cioè la canzone, prima della canzone. Grazie all’incontro con il cantante e ricercatore Renat Sette, i due Elva Lutza hanno aggiunto un importante capitolo nella loro storia musicale con l’album autoprodotto e fresco di stampa, “Amada”. Un disco di forti ambizioni, quelle di rileggere le tracce più significative di un flusso musicale ed espressivo che ha tanti punti di contatto e fertile scambio da una sponda all’altra del Mediterraneo.

Ed è un repertorio davvero ricco di spunti e immagini che, per essere apprezzato, oltre all’album, merita un ascolto live in cui è possibile cogliere tutta la finezza e la complessità di un ordito raffinato. Così come è accaduto nei due concerti tenuti nei giorni scorsi al Jazzino di Cagliari e a Bulzi, dove ha dato il suo apporto live anche il bravo manipolatore di suoni e groove, Frantziscu Medda “Arrogalla” capace di arricchire di pattern sonori un repertorio che ha nelle eccezionali doti strumentali dei due musicisti un baricentro di bella forza artistica. Le architetture chitarristiche di Dessì e le sottolineature poetiche e intense di Casu costruiscono l’eccellente humus da cui emerge come uno smeraldo grezzo la voce calda di Renat Sette. Ed è per magia un canto che risuona d’antico eppure di contemporaneo. Sono storie di amore, canti di profonda religiosità e ironici racconti densi di saggezza popolare quelli che si susseguono in una atmosfera sempre magica in cui Provenza e Sardegna si tengono per mano.

Dalla deliziosa “La vièlha” alla possente trascrizione di “Maire nostra” omaggio alla Maria Carta di “Ave Mamma e’ Deu” dal gregoriano “Ave Maris Stella”. E’ un intrecciarsi di ballate cortesi e di richiami alle strutture della musica popolare sarda,. Il tutto punteggiato da discrete sferzate elettroniche, struggenti trombe sordinate e una avvincente cascata di note chitarristiche che prendono il cuore.

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