La Nuova Sardegna

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L’isola antica nelle immagini di Thomas Ashby

di Giuseppina Manca di Mores
L’isola antica nelle immagini di Thomas Ashby

La Sardegna com’era ai primi del Novecento. Presentazione al Teatro Civico di Sassari

30 novembre 2014
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Nel marzo del 1906 l’archeologo Thomas Ashby, appena nominato direttore della Britisch School at Rome, su invito di AntonioTaramelli (soprintendente alle Antichità della Sardegna e direttore del Museo archeologico di Cagliari), trascorre tre settimane in Sardegna. L'organizzazione delle visite è incentrata su due macroaree, una gravitante su Fonni e le Barbagie, l'altra su Guspini. Dopo una prima visita al dolmen fra Macomer e Birori, Silanus con la chiesa di Santa Sabina, il vicino nuraghe e altri presso Bortigali, le escursioni si concentrano in Barbagia e Ogliastra: da Fonni, dove certamente Ashby si trova il 24 di giugno, quando fotografa la processione della festa di San Giovanni Battista, e donne e uomini in abiti tradizionali a Orgosolo, Gavoi e Oliena: la vista di Jerzu, il nuraghe Ulei a Gairo, il Gennacili a Lanusei, Su Chiai a Villagrande Strisaili. Le escursioni si spostano nell'Iglesiente: il tempio di Antas, le tombe di giganti di San Giovanni a Guspini, Serucci a Gonnesa. E il Losa ad Abbasanta, ancora le tombe di giganti a Paulilatino e Austis. Ad un ultimo ritorno in Barbagia, prima di ripartire, dobbiamo due belle immagini degli abiti tradizionali di Ovodda.

Da Cagliari a Oliena. L'esito di questo viaggio è certamente positivo. Tanto che Ashby è nuovamente in Sardegna nel marzo del 1907, dove si trattiene per due settimane, insieme a Baker Penoyre, segretario della Scuola dal 1904 al 1912, ed è accompagnato da Taramelli a visitare monumenti preistorici e romani.

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Dalle sequenze della città di Cagliari, con bellissimi scorci panoramici ripresi dal costituendo Museo archeologico, e di Oristano, si va verso Paulilatino e Abbasanta con nuova visita al Losa. Ritorno, come nel 1906, nel Marghine, a Macomer, Silanus; poi Bortigali, la città di Nuoro, e ancora Bitti, Oliena (vista dalla strada) cui fa seguito una delle serie più belle e suggestive con gli abiti tradizionali, la processione e persino un funerale a Fonni; e, soprattutto, donne e uomini fra architetture orgolesi. Da qui, le rare immagini della Sardegna settentrionale: Golfo Aranci, Ardara, Codrongianus e la basilica di Saccargia, Bonorva. Di nuovo verso Macomer e Abbasanta sino alla lunga visita a Fordongianus, le terme, San Lussorio.

Le miniere del Sulcis. Più giornate sono certamente dedicate a Cagliari e dintorni: Pula, gli scavi dell'antica Nora, e Teulada, Giba, Domus de Maria, Tratalias. Una sosta attenta e prolungata alle tombe puniche di Sant’ Antioco, uno dei rari scatti di oggetti archeologici è dedicato a una stele. Di seguito, per la prima volta, le zone minerarie di Bacu Abis e del Marganai, poi il centro urbano di Iglesias. Dopo le architetture di Uta e Assemini, il viaggio si chiude con il centro storico di Cagliari.

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Tornato a Roma, all'open meeting del 23 marzo 1907 Ashby presenta una relazione dal titolo "Notes on Sardinian Archaeology". Nello stesso anno, raggiunge in Sardegna Duncan Mackenzie, studioso della archeologia preistorica di Crata, nelle ultime due settimane di ottobre . Dopo Villanova Tulo, entrambi sono al nuraghe Praidis di Lanusei e compiono escursioni presso il Gennargentu e ai nuraghi Su Chiai e Marruscu. Separatosi da Mackenzie il 4 maggio, Ashby forse è nuovamente ospite a Villa Idina, dalla quale ritrae il panorama. Ancora paesaggi di Antas e Guspini, tanto il centro abitato quanto nuraghi e altre emergenze del territorio, Gonnosfanadiga. Un lungo reportage a Gonnesa (Serucci) e infine Domusnovas.

A Santa Cristina. Passa un intero anno prima che nel 1908 Ashby rientrando da Malta, torni in Sardegna insieme all’architetto Francis G. Newton per raggiungere Mackenzie, trattenendosi dal 20 ottobre all'8 novembre. In questo viaggio, un forte interesse è riservato al territorio di Paulilatino, col tempio a pozzo di Santa Cristina e capanne quasi a foggia di navetas e, ancora, archeologia e persone di Ovodda e Gavoi.

Nel 1910, nessun membro della Scuola si reca in Sardegna. Passano infatti quasi tre anni e mezzo prima del quinto, breve (dieci giorni) e ultimo viaggio di Ashby fra aprile e maggio del 1912, contraddistinto da un forte interesse per l'area mineraria dell'Iglesiente. Dopo la visita a Matzanni, fra Iglesias e Villacidro, ancora Gonnesa, Siliqua, infine Cagliari: l'immagine della costa che si allontana, tra il fumo scuro della nave che salpa, segna davvero la fine dei viaggi di Ashby nell'isola.

Prezioso documento. Questa la ricostruzione dei viaggi di Thomas Ashby in Sardegna, nel corso della quale, accanto ad alcune risposte, nuove domande hanno trovato spazio. Nella pur doverosa ricerca filologica, frutto di un intenso lavoro di gruppo, più ci si concentrava sul dettaglio della data, la sequenza delle visite, l'attribuzione delle foto e si chiarivano metodiche e cronologie, più sembrava allontanarsi l'idea portante di Ashby e del suo lavoro di documentazione fotografica: restituire, nei tempi ravvicinati di quegli anni, un'immagine dell'isola nella complessità di luoghi e persone.

Da questa riflessione, nasce la scelta di dare ampio spazio alle immagini più che alle parole adottando, nel volume e nella mostra, un criterio topografico per macroaree storiche e geografiche. Prima ancora che fotografo, Ashby è archeologo e topografo. Il significato delle sue immagini risiede, più che nella tecnica, nella straordinaria capacità di unire il dato documentario al forte interesse per ciò che vede e trasfonde nelle immagini disseminate di oggetti (la custodia della macchina fotografica, fogli, giacche, la sua stessa ombra al cavalletto) con fortissimo impatto comunicativo.

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Uomini e paesaggi. Il lavoro di Ashby, con la freschezza che lo contraddistingue, è documentazione dell’esistente, testimonianza del dato e sua elaborazione finalizzata allo studio dentro una visione complessiva. Lo scarso interesse per gli oggetti archeologici, raramente documentati (non può non colpire l'assenza di immagini sulla bronzistica nuragica) è oltre l'antichistica e la documentazione dell'oggetto bello in sé e decontestualizzato. Il cumulo di pietre, un tempo tomba di giganti, ha la stessa attenzione dell'obiettivo della più monumentale torre nuragica; accanto, quasi sempre, la presenza di uomini e donne, sola vera misura della grandezza di quelle opere. Per questo il valore delle sue immagini ha un registro ampio, che risponde oggi non solo alla pur preziosa evidenza di quanto scomparso, o di quanto rimane da restaurare, o di quanto ancora era prima di restauri a volte poco accorti nel corso del tempo. Sono immagini di documentazione di paesaggio nel senso più ampio del termine, con tutte le sue componenti, vieppiù quella umana.

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