La Nuova Sardegna

«Non è questa l’autonomia che serve alla Sardegna»

di Daniela Paba
«Non è questa l’autonomia che serve alla Sardegna»

Il giornalista oggi a Cagliari presenta il suo ultimo libro: “Da qui all’eternità” Un viaggio sconcertante tra gli abusi degli “intoccabili” in un Paese in crisi

27 novembre 2014
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CAGLIARI. “Da qui all'eternità”, il libro di Sergio Rizzo, uscito per Feltrinelli, racconta i privilegi previdenziali di cui godono oggi in Italia politici, alti magistrati, sindacalisti. È un viaggio, amaro e paradossale, che parte anche da qui, col caso emblematico di Claudia Lombardo, 43 anni, di cui venti trascorsi nel Consiglio Regionale Sardo. Scrive Rizzo che la Lombardo «A soli 41 anni intasca un vitalizio di 5129 euro. Una cifra pari a sei assegni medi pagati dall'Inps». E stasera se ne può parlare con l'autore alle 18,30 alla libreria Feltrinelli di via Paoli a Cagliari.

I risultati delle elezioni sembrano darle ragione.

«Il 60% di astensione mostra una profonda sfiducia verso i consigli regionali».

Come ha letto il dato?

«Molte Regioni vengono individuate come fonti di spreco, di cattiva amministrazione. A questo hanno contribuito non soltanto gli scandali ma anche l'inefficienza complessiva di un sistema che mostra tutte le sue debolezze e fragilità. Ci siamo accaniti sull'abolizione delle Province ma forse era il sistema delle Regioni che andava ripensato, comprese quelle a statuto speciale».

Da sardi, noi, abbiamo creduto nell'autonomia...

«Diciamo che non è quella l'autonomia di cui hanno bisogno certe comunità. Dietro il concetto di autonomia si è mascherato un modo per avere ancora più privilegi e benefici, talora ingiustificati, non a vantaggio di tutti ma soltanto a vantaggio di qualcuno».

Secondo i dati pubblicati dal Sole 24 ore in Sardegna il 24% della popolazione ha perso il lavoro, Ma lei racconta la storia della Lombardo, emblematica perché?

«Non penso che nel 2014 sia giusto mandare in pensione una donna a 41 anni per il semplice fatto che ne ha passato venti in consiglio regionale. Mi pare inaccettabile, non solo per tutti i cittadini che sono costretti ad aspettare i 67, ma anche per lei. Oggi a 41 anni ci sono donne che fanno figli, cominciano la loro vita. Mi sembra anacronistico e folle, non capisco perché siamo qui a difendere cose così».

Dopodiché c'è una questione di qualità della classe politica dirigente. Cosa ha prodotto?

«La Sardegna è in una crisi pazzesca, le sue risorse più formidabili sono in crisi. Che il formaggio sardo sia diventato simbolo della crisi mi sembra incredibile».

Qual è la risposta che dà la politica?

«Mantenere le miniere nel Sulcis non ha senso. Ernesto Rossi in un saggio del 1956 “Aria fritta” aveva calcolato che avremmo speso meglio i soldi per tenere a casa i minatori che allora erano 11.000, oggi sono 400. I bilanci della società sono spaventosi: cento milioni l'anno tra perdite e finanziamenti agli impianti necessari a utilizzare il carbone. E' inconcepibile. Perché non usiamo quei soldi per dare alle stesse persone un lavoro vero, ma anche per rilanciare la zona dal punto di vista naturalistico. Qui si vede l'incapacità di risposta della politica che è costosa, ingorda e incapace di affrontare i problemi. E si capisce perché in Emilia Romagna e in Calabria ha votato il 40% della gente».

Leggendo il suo libro crolla ogni illusione: il sindacato e le conquiste degli anni ’70, l'autonomia, la trasparenza della UE, perfino Garibaldi...

«Questo casino lo ha fatto la generazione del Sessantotto, che ha consentito di fare conquiste formidabili sul piano dei diritti civili. Però quella generazione ha utilizzato un malinteso senso di uguaglianza per distribuire privilegi. Pensiamo alla legge Mosca che ha mandato in pensione sindacalisti e dirigenti di partito, alle baby pensioni che hanno portato i conti pubblici a un livello insostenibile. Quello è il frutto avvelenato del '68. E quando l'abbiamo capito non siamo stati in grado di fare marcia indietro. Ci siamo indebitati per garantire a noi stessi dei privilegi, ma il debito lo pagano le generazioni successive. Il debito pubblico esplode perché c'è una guerra, ma noi abbiamo fatto la guerra ai nostri figli».

La legge sulla privacy ha condizionato la sua indagine?

«No, e ho apprezzato molto il parere di Antonello Soro, presidente della privacy per la Sardegna, perché dice chiaramente che non può essere invocata per i beneficiari di soldi pubblici. Dopodiché Val d'Aosta e Sicilia hanno fatto finta di niente. Ma rispetto all'Europa siamo un pezzo avanti».

Uno immagina sempre la UE come il palazzo di vetro... «Invece hanno sempre negato i dati sui politici pensionati. Hanno vetri fumé».

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