La Nuova Sardegna

Un’Italia senza pensieri Piccolo in giro per la penisola

di Giuseppe Mussi
Un’Italia senza pensieri Piccolo in giro per la penisola

Einaudi ripropone il resoconto del viaggio sui luoghi del “basso intrattenimento” Lo scrittore racconta il pubblico di “Domenica In” e il cinema di “Natale a Miami”

17 novembre 2014
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Torna in libreria – a distanza di sette anni dalla sua prima edizione (quando uscì per Laterza) – il resoconto del viaggio di Francesco Piccolo lungo “L’italia spensierata” (Einaudi, pp. 162, 10 euro). Un viaggio scrupolosamente pianificato dal celebre scrittore e sceneggiatore dentro i luoghi del “basso intrattenimento” o attraverso i più biechi riti collettivi della massa; un mondo a lui sconosciuto e sempre guardato con sospetto, se non con aprioristica riprovazione, con il quale però ha deciso di provare a confrontarsi, mettendo finalmente alla prova le sue marmoree certezze.

E le tappe di questo itinerario sono senz’altro estremamente significative: un intero pomeriggio tra il pubblico di “Domenica in”; una giornata passata tra due autogrill in autostrada; la prima di “Natale a Miami”, il 26 dicembre, nel multisala Adriano a Roma; un’inquietante gita a Mirabilandia, con la figlia di sette anni e la sua migliore amica; e, infine, come epilogo e insieme controcanto del racconto, le notti bianche di Roma. Le intenzioni di Piccolo sono dichiarate: «Io mi sono sempre sentito diverso da quelli che guardano “Domenica in” o “Natale a Miami” o si infilano negli ingorghi delle vacanze. È tutta la vita che mi baso su tali certezze. Poi queste certezze hanno cominciato a vacillare quando ho capito che c’è una correità in ogni cosa che accade in un paese, e di questa correità mi sono fatto carico attraverso un percorso di sincerità. Voglio capire, e quando voglio capire già mi basta, già sono disponibile e contento di starci. Non solo. Azzardo di più: sono anche sicuro che sono almeno un po’ così anche tutti gli altri che sono sicuri di non essere così». L’autore ne è convinto: indagare questa «parte oscura» è necessario per capire più sé e gli altri (anche se la proiezione di “Natale a Miami” lo fa vacillare pericolosamente). Eppure nella prolissa, iper-descrittiva scrittura di Piccolo c’è qualcosa che non torna. Manca sempre un qualunque moto di sincera empatia o comprensione, e anzi, quando si sforza di trovarla, non può che cadere nella trappola dell’imperativo ideologico: «Ridiamo alle spalle di tutti quelli che sono più ignoranti di noi, e così ci sentiamo più intelligenti. Se sono qui oggi, è perché sto con i primi. È una scelta ideologica». Una scelta questa, che però trasuda sempre un malcelato disprezzo. Ed è un peccato, perché nell’epilogo, nella delusione provocata dalla serializzazione delle notti bianche – e dalla cultura “alta” – l'autore sembra trovare finalmente la misura e la lucidità giusta.

Anche perché, se esiste una correità nello sfacelo culturale di questo paese, Piccolo ha decisamente guardato nella direzione sbagliata.

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