La Nuova Sardegna

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Cessione Sella & Mosca, strategia dei silenzi

di Luca Fiori
Cessione Sella & Mosca, strategia dei silenzi

Il Gruppo Campari avrebbe dato mandato di vendita a Mediobanca, ma non conferma la notizia

05 novembre 2014
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SASSARI. «Non commentiamo i rumour di mercato». Da Alghero a Milano il ritornello è lo stesso. Dalle tenute di Sella & Mosca al quartier generale del Gruppo Campari a Novi Ligure, la risposta non cambia.

Nessuno della più grande azienda vitivinicola sarda, nè dell’azienda leader nell'industria globale del beverage di marca è autorizzato a spiegare a che punto sia la trattativa che ha portato Sella &Mosca sul mercato insieme al mirto Zedda Piras e Mediobanca incaricata di trovare un acquirente. La responsabile dell’ufficio stampa Campari Chiara Bressani respinge cordialmente il tentativo di capire se esista già un possibile acquirente. Sempre che ci sia una trattativa già avviata. Dal prossimo consiglio di amministrazione del Gruppo Campari, in programma a breve, dovrebbe arrivare qualche novità sulla vicenda. Sembra però abbastanza verosimile che Campari voglia cedere i marchi meno grossi. La vendita dei brand regionali rientrerebbe in un’operazione di riassetto per il gruppo che negli ultimi anni è cresciuto a forza di acquisizioni, ma su marchi più globali.

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Due operazioni sono state concluse negli ultimi mesi: prima con l’acquisizione di Forty Creek distillery, azienda leader nel mercato degli spirit in Canada e proprietaria di un portafoglio di whisky canadesi, poi quella dell’italiano Amaro Averna. La notizia della vendita di una grossa azienda del gruppo (Sella &Mosca) era già trapelata qualche mese fa. Il motivo della rinuncia alle storiche tenute algheresi e degli altri marchi regionali tra cui il mirto Zedda Piras e limoncello di Sorrento, appena acquisito sarebbe dovuto - anche se dal quartier generale del gruppo preferiscono non commentare - al fatturato che non dovrebbe superare i 30 milioni di euro (meno del 2% del fatturato del gruppo Campari), simile ai livelli del 2002, per effetto di un trend negativo delle vendite dei vini negli ultimi anni sul mercato nazionale, legato anche alla crisi del canale ristoranti.

La multinazionale della famiglia Garavoglia avrebbe deciso dunque di consolidare la forza dei suoi marchi conosciuti in tutto il mondo (Campari, Aperol, Cinzano Skyy vodka, Wild turkey e Ldm rum che valgono la meta’ del fatturato) e degli ultimi brand acquisiti, come l’Amaro Averna, dismettendo i liquori e i vini con caratteristiche regionali. Il Gruppo Campari sarebbe pronto a rinuncia re anche alla cantina Serafino, che produce ottimi vini piemontesi e alla Teruzzi & Puthod specialista nella vendita vino vernaccia toscano. Nel 2013 il Gruppo Campari ha chiuso l’anno con 1,5 miliardi di euro di fatturato e 150 milioni di utile netto.

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