La Nuova Sardegna

«Retorica e populismo, i killer che uccidono le nostre democrazie»

di Giacomo Mameli
«Retorica e populismo, i killer che uccidono le nostre democrazie»

di Giacomo Mameli Stamani, presentando il libro "Generazioni" sulle divisioni canoniche della vita umana, spiegherà come e perché muta «la trama dell'esistenza individuale e dei rapporti di...

25 ottobre 2014
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di Giacomo Mameli

Stamani, presentando il libro "Generazioni" sulle divisioni canoniche della vita umana, spiegherà come e perché muta «la trama dell'esistenza individuale e dei rapporti di solidarietà tra le diverse età della vita». Perché è indiscutibile che oggi «la gioventù e la vecchiaia si dilatano e la maturità si restringe». Due giorni fa, nella Sala settecentesca dell'università di Cagliari, parlando a giuristi e filosofi sul trinomio "Verità Immagine Normatività", Remo Bodei, sempre impegnato a ragionare sui fondamentali, si era chiesto «se la democrazia esista ancora o non si viva – invece – nell'età della post-democrazia che assume il volto del populismo, della smobilitazione delle masse di cui parla Sheldon Wolin, dell'autocrazia elettiva, del conformismo, della degradazione della verità a semplice opinione. Si è inaridita la facoltà di giudicare, paralizzata da paura diffuse ad arte».

Sta parlando dell'Italia contemporanea di Matteo Renzi?

«Di tutte le democrazie occidentali. Italia compresa. Non c'è più la vox populi, ma si assiste alla manipolazione del consenso che porta all'infantilizzazione del pubblico, in un'orgia di retorica killer del ragionamento. Ciò che conta è la seduzione, piace la facondia, sentir battute. Cosa incanta di Beppe Grillo? Le sparate. Tutto ciò è retorica e la retorica uccide. Sono i nuovi dilaganti populismi, fenomeno delle democrazie attuali. C'è da concordare con Noam Chomsky: armarsi con armi di autodifesa contro la manipolazione sistematica dell'informazione».

Il cittadino è disarmato?

«Occorre fare in modo che il civis non sia espropriato di se stesso. Le democrazie appaiono come oligarchie mascherate. Con una politica sottoposta alla finanza. Perché la politica è ragionamento. La finanza no: seduce e dalla seduzione è difficile disinfettarsi. Nel mondo, anche in Cina, e non solo a Wall Street Francoforte o Piazza Affari, la ricchezza reale vale uno. La finanza sette. C'è un verme nella mela della democrazia, la politica sta in seconda fila. The King sono il dollaro, l'euro».

Ha detto che la ragion pubblica si degrada.

«È nelle cose. Nei meccanismi di protezione e garanzia dei cittadini qualcosa si è rotto, la caduta delle difese immunitarie ha lasciato maggior spazio di manovre alle potenze della seduzione. Alla politica di annunci senza fact checking non segue alcuna effettiva attuazione. Ma l'annuncio seduce. I ragionamenti, i progetti si trasformano in storytelling, narrazioni che si sovrappongono alla realtà, la mascherano. Addirittura: la sostituiscono. I reali decisori non sono quelli che vanno ai seggi elettorali ma le élites economiche transnazionali, anonime e prive di responsabilità nei confronti del cittadino comune. Cresce il tasso di insicurezza. E c'è il complementare bisogno di rassicurazione e protezione. Tutto ciò rende gli individui meno razionali e si crea uno stato d'animo di allerta mista a rassegnazione».

Rassegnati anche i giovani, quelli analizzati nel suo libro “Generazioni”.

«Dopo la generazione eroica, che ha attraversato le esperienze traumatiche delle due gue. rre mondiali, è venuta la generazione pratica di quelli nati attorno al 1945. In tempi più vicini si aggiunge la generazione X, quella che segue l'ondata dei baby boomers costituita dai nati fra il 1964 e il 1979. Vivono trasformazioni epocali: la fine del colonialismo, la guerra fredda, la dissoluzione dell'impero sovietico e la contrastata egemonia degli Stati Uniti».

Pur vicine, sembrano generazioni lontane.

«Oggi siamo alla generazione Y, o dei Millennials. I sociologi parlano di Generation Golf per quanti nel secolo scorso hanno vissuto un certo grado di benessere. C'è la Shampoo Generation con madri contestatrici e figli conformisti o teenager globali. O, ancora, Fun Generation, Fear Generation o Generation Me. Hanno sperimentato la nascita e l'influenza della televisione commerciale, in particolare dei reality shows e lo sviluppo del nuove tecnologie con competenze di cui erano totalmente prive le precedenti generazioni».

Cambiamenti molto più frequenti che nel passato.

«Il ricambio delle generazioni è nell'ordine naturale delle cose nel senso in cui Hegel ha sostenuto che 'la nascita dei figli è la morte dei genitori'. Ma la crisi economica, profonda, si riflette nel sociale. Le cifre più corrette le propone Joseph Stiglitz sul declino dei tenori di vita».

Quali sono, in sintesi?

«Una percentuale sempre crescente di adulti vive con i genitori: nel 2005 era il 14 per cento dei giovani fra 25 e 34 anni, oggi è schizzato al 19. Per le donne della stessa età l'incremento è stato dall'8 al 10 per cento. Chiamati a volte generazione boomerang, questi giovani sono costretti a rimanere a casa o a ritornarvi dopo la laurea perché non possono permettersi una vita indipendente. E sono caduti i muri. I padri sembrano animati dal desiderio di essere coetanei dei propri figli. Anche i matrimoni risentono della mancanza di un reddito di sicurezza. Nel 2010 il numero delle coppie che vivevano insieme senza sposarsi ha fatto un balzo in avanti del 13 per cento. Vivono insieme generazioni diverse per età e per costumi. Eppure la famiglia è assurta ad ammortizzatore principale degli effetti negativi provocati dall'abbassamento del welfare state, dalle crisi economiche o finanziarie e dalla mancanza di lavoro, soprattutto per i giovani».

Anche le famiglie in crisi hanno cessato di essere un porto accogliente?

«Sì, la casa non riesce a consolare l'uomo per le amarezze sofferte nel quotidiano confronto con la conflittualità sociale diffusa e la spietatezza del mercato del lavoro. La povertà cresce. E nessuno oggi è più sufficientemente al riparo dalle intemperie dell'esistenza: né gli adulti, né i bambini».

Citando "Il giorno del giudizio" di Salvatore Satta, riferendosi ai defunti del cimitero di Nuoro, lei cita la frase "gente sparita dalla memoria, gente dissolta nel nulla". Rischia il dissolvimento, oggi, anche l'opinione pubblica dei vivi?

«Purtroppo il dissolvimento dell'opinione pubblica dei vivi, come ho detto, è in corso perché – lo dimostrano le vicende attuali – le posizioni politiche sono mutevoli come il clima. Siamo realmente nella post-democrazia e post-ideologia. Panta rei, tutto muta».

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