La Nuova Sardegna

Lo scultore moderno che amava i bronzetti

di Paolo Curreli
Lo scultore moderno che amava i bronzetti

Apre al Man la grande mostra: “Alberto Giacometti e l'arcaico”. Un dialogo nello spazio e nel tempo tra l’artista e opere antichissime

24 ottobre 2014
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NUORO. Se è vero che l'arte è tutta contemporanea per gli artisti – la successione e l'avvicendamento sono problemi per gli storici non per loro – la ricerca di Giacometti che il Man presenta oggi a Nuoro ne è una chiarissima conferma. L'artista svizzero, nato nel Canton Grigioni il 10 ottobre 1901 e morto nel 1966 a Coira, ha esplorato l'essenza dell'umanità ricercando i tratti essenziali nelle rappresentazioni arcaiche, attraverso la riduzione della materia della scultura fino all’essenzialità della rappresentazione.

La mostra.

Ricca di una settantina di opere, tra sculture di Giacometti e capolavori d'arte antica, provenienti da prestigiose collezioni svizzere e italiane (dalla Kunsthaus di Zurigo alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia) la mostra che apre oggi a Nuoro racconta il grande fascino che la statuaria d'epoca arcaica (egizia, etrusca, nuragica, africana) esercitò agli occhi del maestro. Un avvincente viaggio nel tempo alla scoperta di linguaggi ancestrali in continua ridefinizione. «Tutta l'arte del passato, di tutte le epoche, di tutte le civiltà, apparve davanti a me. Tutto era simultaneo, come se lo spazio avesse preso il posto del tempo». Da questa intensa confessione del maestro nasce l'idea del Man di restituire ai capolavori di Giacometti la loro dimensione d'eternità.

Lorenzo Giusti direttore del museo: «Fino a che punto sia possibile penetrare la struttura delle intenzioni che conducono alla realizzazione di un’opera d’arte, le “forme dell’intenzione”, per dirla con Michael Baxandall, è un quesito cruciale che ha ispirato questo progetto espositivo, così come altri portati avanti dal Man nel corso degli ultimi anni». Il museo nuorese lo mette in atto avvicinando alle sue sculture, sottili e longilinee, scavate nella materia come reperti archeologici, una selezione preziosa di reperti usciti da alcuni tra i più importanti musei italiani d'arte antica. Dagli studi condotti negli anni sui punti di contatto fra l'opera di Giacometti e la statuaria antica – dall'arte egizia a quella sumera, dai manufatti dell'età del bronzo all'arte greca fino alla scultura africana – è emersa, per i curatori, infatti la possibilità di costruire una mappa delle iconografie del passato e delle culture più amate dall'artista, prese a modello per la sua riflessione contemporanea.

Il fascino del nuragico.

Come spiega il direttore del museo Lorenzo Giusti: «La statuaria antica esercitò agli occhi di Giacometti un fascino irresistibile. Più ancora di quella di epoca classica, l'arte arcaica, dell'antico Egitto, degli etruschi, e in parte anche dei nuragici – ne parla Giuseppe Marchiori in un saggio inedito, emerso dai suoi archivi – suggerì allo scultore gran parte delle soluzioni formali per cui oggi è conosciuto. Gli accostamenti presentati in questa mostra svelano le ragioni più profonde, più intime, dei processi creativi di Giacometti».

Dialogo tra le opere.

Il museo nuorese mette a confronto le sculture antiche che hanno ispirato e mosso la ricerca del grande artista, in un dialogo originale e stimolante. Le celebri figure di origine etrusca, come gli Aruspici dai corpi "a lama" del Museo di Villa Giulia a Roma, scoperti dall'artista durante il primo viaggio in Italia fra 1920 e 1921, sembrano tornare idealmente nelle forme immote dello scultore con le quali condividono linearismo, compostezza e armonia. Allo stesso modo il dialogo con i bronzetti nuragici - che segnano un legame con il territorio sardo – può essere spiegato attraverso le parole dello storico dell'arte Marchiori dedicate proprio al sapore antropologico della ricerca di Giacometti e alle forme dei suoi corpi «esili come guerrieri nuragici, senza lance e scudi, oppure simili all'idolo volterrano, agli uomini della notte». Certe piccole Kore di bronzo, con le loro fogge compatte, le braccia stese lungo i fianchi, ricordano la delicatezza delle opere più esili di Giacometti, quelle figure alte pochi centimetri, come l'immagine di “Silvio in piedi”; mentre taluni ritratti di Diego o di “Annette seduta” sono accostabili agli oranti di cultura egizia, alle statue templari o alle prefiche inginocchiate, con la classica posa delle mani aperte, poggiate sulle ginocchia piegate.

Linguaggio senza tempo.

Per Lorenzo Giusti; Giacometti «non è soltanto uno degli artisti più amati dal pubblico di tutto il mondo, lo scultore attualmente più quotato nel mercato internazionale, è soprattutto uno dei più grandi autori della storia dell'arte del Novecento. Un successo globale dovuto alla sua capacità di parlare linguaggi innovativi e arcani allo stesso tempo, al suo tentativo di racchiudere tutta l'arte del passato, di tutte le epoche, in un'unica visione concentrata. Nell'allestimento abbiamo voluto rendere palese questa simultaneità dello sguardo, suggerendo una densità di forme e una sovrapposizione possibile di tutti i linguaggi». I lavori di Giacometti e quelli dei suoi antenati animano un percorso basato su un gioco di sguardi incrociati fra capolavori, sottratti alla dimensione del tempo e ricollocati nello spazio della contemporaneità.

Un avvicente progetto

«E' un progetto che il Man ha costruito pezzo per pezzo – sostiene Giusti –, attraverso una rete di rapporti e collaborazioni che ha legato tra loro collezionisti privati, prestigiosi musei d'arte moderna e alcuni tra i più importanti musei d'arte antica italiani, tra cui il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, il Museo Civico Archeologico di Bologna, il Museo Civico di Palazzo Farnese a Piacenza, il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma. Un'impresa non facile, tra le più avvincenti che il museo abbia mai intrapreso».

La mostra sarà visitabile fino al 25 gennaio del 2015. L’ultima domenica del mese ingresso gratuito, chiuso il lunedì.

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