La Nuova Sardegna

Anfiteatro “privatizzato”: sollecitate tre condanne

di Mauro Lissia
Anfiteatro “privatizzato”: sollecitate tre condanne

L’accusa: «All’organizzatore Palmas infliggete 3 anni e mezzo per truffa e falso» L’arena storica concessa senza gara, attrezzature pubbliche usate in esclusiva

23 ottobre 2014
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CAGLIARI. È arrivato al capolinea il processo di primo grado per la gestione abusiva dell’anfiteatro romano: per l’organizzatore di spettacoli e direttore artistico di «Sardegna Concerti» Massimo Palmas (60 anni) di Cagliari il pm Daniele Caria ha chiesto al tribunale, a conclusione della sua requisitoria, la condanna a tre anni e mezzo di reclusione. Per la Procura, il fondatore di «Jazz in Sardegna» è colpevole di appropriazione indebita, truffa, abuso d’ufficio e falso, mentre va assolto per un fatto di truffa legato ad uno spettacolo di Aldo, Giovanni e Giacomo e ha beneficiato della prescrizione per altre imputazioni minori. La condanna a due anni di reclusione è stata chiesta dal pm per Gabriella Manca (55 anni), amministratrice di una delle società di Palmas, mentre per il fratello Michele Palmas (47 anni) l’accusa ha sollecitato la condanna a un anno e quattro mesi. Richiesta di assoluzione invece per la funzionaria comunale Luisa Lallai (52 anni) che era accusata soltanto di peculato: la sua posizione era stata già chiarita nel giudizio abbreviato da cui è uscito condannato in via definitiva Bruno Soriga (71 anni), l’ex dirigente della divisione cultura del comune di Cagliari. Chiusa la requisitoria, hanno parlato i difensori Dora Magliona per i Palmas, Patrizio Rovelli per la Lallai. Il 25 novembre spazio alle altre arringhe e poi la sentenza. La vicenda è ormai nota: il palco e le attrezzature tecniche per il jazz erano state acquistate dal Comune con fondi pubblici ma l'accoppiata Sardegna Concerti-Sardinia Jazz usava l'uno e le altre come se fossero private, a Cagliari, ma anche a Macomer e in altre città. Eppure la convenzione firmata con l'amministrazione parlava chiaro: servivano per il festival jazz e per nient'altro perché i fondi regionali erano destinati a quello. Un po' come l'anfiteatro: è un'arena pubblica per gli spettacoli ma erano sempre le solite due società a fare il bello e il cattivo tempo. Per una ragione che è alla base del processo aperto ieri davanti al tribunale presieduto da Mauro Grandesso: la giunta Floris gli aveva concesso il monumento storico, con la sua orrenda gradinata in legno, senza che gli altri operatori dello spettacolo potessero interloquire. Niente, nessuna gara. Solo un accordo privato.

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