La Nuova Sardegna

Servitù a S. Stefano, Pigliaru si oppone

di Pier Giorgio Pinna
Servitù a S. Stefano, Pigliaru si oppone

Il ministro riattiva per altri 5 anni il deposito d’armi, ridotti solo i divieti di navigazione. Dal governatore ricorsi a raffica

22 ottobre 2014
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LA MADDALENA. Con un decreto del ministro della Difesa viene riattivata la servitù militare a Guardia del moro. Ma si riduce del 40% l’area di mare interdetta. E si aprono spazi per iniziative turistiche. A poche settimane dall’avvio delle operazioni per il trasferimento delle armi stoccate nei bunker sotterranei, Roberta Pinotti riassegna così alla Marina il distaccamento top secret a pochi passi dall’ex base per sommergibili nucleari della Us Navy.

Immediata replica. Contro il provvedimento, che registra aperture solo da parte dell’amministrazione della Maddalena, annuncia ricorso la giunta regionale guidata dal presidente Francesco Pigliaru. Durissimo il suo commento: «Al ministero, che oggi ci comunica di aver approvato l’imposizione della servitù su Santo Stefano per altri 5 anni, diciamo che la nostra posizione è quella già condivisa col Consiglio ed espressa pubblicamente. Per la Regione la servitù è scaduta il 3 marzo: ci opporremo in ogni sede a qualsiasi volontà di reiterarla».

L’area interessata. Il divieto d’accesso lungo la parte della costa interna di Santo Stefano che s’affaccia verso il Main Conference data parecchi decenni. Da qualche mese però la corsia preferenziale riservata alla Marina era scaduta. E da allora, almeno in teoria, l’intera area avrebbe potuto rientrare tra quelle destinabili ad attività economiche civili. Almeno per rimediare ai disastri del G8 mancato.

Le posizioni in campo. Dal ministero sono tuttavia partiti subito segnali negativi. In giugno non è stato tenuto in alcun conto il no al rinnovo espresso dai componenti civili nominati dalla Regione nel Comitato partitetico misto per le servitù militari. Del resto sarebbe stato difficile pensare che le cose andassero in maniera differente. Non foss’altro per l’intensificarsi dell’attività, proprio nelle ultime settimane, attorno ai tunnel sotterranei di Santo Stefano. Soprattutto durante le operazioni programmate dalla Difesa per destinare le armi custodite nell’isoletta dell’arcipelago ai curdi che in Iraq combattono contro l’Isis.

Il testo. La scelta fatta l’altra mattina da Roberta Pinotti non è stata dunque condizionata da nessuno dei giudizi sfavorevoli al rinnovo dell’imposizione arrivati dalla Sardegna. Non è servita in questo senso la visita estiva alla Maddalena di Beppe Grillo e dei deputati di 5 Stelle. Neppure la più recente ispezione ai bunker di Santo Stefano portata a termine nei giorni scorsi da altri parlamentari: Gian Piero Scanu (Pd), Michele Piras (Sel), Mauro Pili (Unidos), Emanuela Corda (sempre di M5S). E neanche i successivi ammonimenti giunti dall’intero consiglio regionale «per un rapido ed esaustivo ridimensionamento della presenza militare in Sardegna».

Priorità e impegni. Troppo importanti, secondo il governo, si sono confermate le esigenze strategiche legate a Guardia del moro. Esigenze elencate nel decreto consegnato l’altro ieri ufficialmente alla Regione. Prima di tutto, «il corretto funzionamento dello strumento militare per assolvere i compiti istituzionali della Difesa». Poi, la necessità di tutelare «l'incolumità, sia di terzi sia dello stesso personale impiegato nella attività operative del deposito munizioni».

Tutti i particolari. Con il decreto, quindi, si prende atto «del sopravvenuto progetto di riqualificazione e revisione in senso riduttivo dell'area di interdizione a mare, tale da rendere maggiormente utilizzabile lo specchio d’acqua di fronte all'ex arsenale». Secondo i militari si faciliterebbe così «il traffico marittimo locale e da diporto, con conseguente rilevante agevolazione per le attività turistiche e ricreative».

Sviluppi e alternative. Un’iniziativa che, ricorda ancora Pinotti, «s’inquadra nel mantenimento, nella base militare della Maddalena di un polo d’eccellenza per la formazione del personale, non solo militare e per la logistica». Perciò «le scuole militari, in via programmatica» continueranno a essere un centro di riferimento anche per i civili. «L'intero progetto nel quale si inserisce la conservazione del deposito di Guardia del Moro è stato esplicitamente condiviso nei giorni scorsi dal sindaco del Comune», informa ancora il ministro.

Il quadro di riferimento. Roberta Pinotti sostiene infine che la servitù, «necessaria per ragioni di funzionalità istituzionale e sicurezza», appare «compatibile con il percorso intrapreso con la Regione e con gli enti territoriali a seguito della seconda conferenza nazionale tenutasi a Roma nel giugno scorso». E in questo caso le sue argomentazioni sembrano evocare e lasciar intuire un assenso da parte della giunta.

Nettissimo dissenso. Posizione che invece, com’è stato riaffermato ieri sera nei termini più formali con l’annuncio dell’opposizione al decreto, non è assolutamente spendibile in questi termini: come già derivava dalla scelta del governatore di non aderire agli accordi sin dalla passata primavera. Oltre che da tutti gli altri motivi di scontro con la Difesa che sono andati avvicendandosi negli ultimi tempi. Dalle controversie sui mesi delle esercitazioni nelle basi e nei poligoni alle polemiche seguite agli incendi provocati dall’addestramento a Capo Frasca e Teulada.

Iniziative di contrasto. Ribadisce infatti Francesco Pigliaru ancora oggi: «Faremo partire subito un ricorso al presidente del consiglio dei ministri per avere l’occasione di far sentire con fermezza e determinazione la voce dei sardi. A differenza di quanto si afferma nel decreto, questa imposizione non è in alcun modo “compatibile con il percorso intrapreso con la Regione Autonoma della Sardegna e con gli enti territoriali a seguito della seconda conferenza nazionale sulle servitù militari”».

L’omessa adesione. «Come tutti sanno, non abbiamo messo la nostra firma sul documento uscito da quell’incontro, e il percorso, con l’apertura del tavolo, deve ancora iniziare – osserva in ultima analisi il governatore – La seconda conferenza regionale sulle servitù, da noi proposta all’aula consiliare e in via di organizzazione, sarà il momento del confronto istituzionale. Un confronto che affronteremo con il sostegno del popolo sardo».

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