La Nuova Sardegna

Fronte del sì per la diga fantasma

Monte Nieddu, l’invaso a Sarroch è fermo da 50 anni. Insorgono gli ambientalisti

21 ottobre 2014
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CAGLIARI. Duemila firme per evitare che la diga di Monte Nieddu, a Sarroch, resti un’incompiuta dopo cinquant’anni. La petizione è stata consegnata dall’associazione Salute Ambiente Arianoa e dal Partito dei Sardi all’assessore ai regionale ai Lavori pubblici, Paolo Maninchedda, che dello stesso partito è uno dei fondatori e ha detto: «Porterò il caso all’attenzione della Giunta e del presidente Pigliaru». L’invaso di Monte Nieddu è da decenni una delle grandi incompiute della Sardegna. La sua travagliata storia - con diverse sospensioni dei lavori è zeppa di ricorsi. Oggi il via ai lavori - già finanziati con 60 milioni e aggiudicati dal Consorzio di bonifica della Sardegna meridionali all’impresa Astaldi - sono bloccati in attesa che la Commissione europea si pronunci su un ricorso presentato dall’associazione Gruppo di intervento giuridico. Gli ambientalisti da sempre sono contrari alla diga: la ritengono inutile con «l’aggravante che devasterebbe il territorio fra Sarroch, Villa San Pietro, Pula e Domus de Maria» e per questo hanno chiesto che il progetto sia sottoposto a una attenta valutazione di impatto ambientale. Ma secondo Arianoa e il Partito dei sardi «è proprio l’attuale incertezza ad aver lasciato una ferita aperta». Per chi ha firmato la petizione, «è arrivato invece il momento di lasciarsi alle spalle l’incubo dell’incompiuta e rilanciare l’agricoltura e il turismo in una zona da sempre condannata a una continua emergenza idrica». L’obiettivo è dichiarato: «Oggi ci piacerebbe passare da un’economia del petrolio a quella dell’acqua», ha sottolineato la presidente dell’associazione, Maria Beatrice Tiddia. «Duemila firme non sono una banalità. La realizzazione dell’opera consentirebbe la bonifica dei luoghi già sconvolti dai lavori», ha confermato il presidente del partito, Franciscu Sedda. Concetto ribadito dall’assessore Maninchedda: «È importante non tanto cercare alternative all’industria, ma puntare al l rilancio di un’economia radicata nel territorio». Ma la petizione è stata contestata dal Gruppo d’intervento giuridico: «È solo una farsa organizzata in casa dal Partito dei sardi».

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