La Nuova Sardegna

Danni per 500 milioni, fondi solo per 130

di Pier Giorgio Pinna
Danni per 500 milioni, fondi solo per 130

Il governo non ha più soldi da destinare all’isola. In campo per la ricostruzione sono rimasti unicamente Regione e Anas

21 ottobre 2014
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SASSARI. Dramma italiano in terra di Sardegna. A tutt’oggi solo un quarto dei danni del dopo-nubifragio è di fatto risarcibile. Per i lavori pubblici sono disponbili 130 milioni contro gli oltre 500 necessari. A quasi un anno dal ciclone Cleopatra lo Stato si scopre impotente, senza più soldi di fronte alle catastrofi. E a pagare il prezzo più alto saranno le popolazioni colpite da calamità nell’isola.

Le cifre. I numeri, nella loro cruda realtà, parlano da soli. In Sardegna, per la ricostruzione, sono stati stanziati 72 milioni dalla Regione e 58 dall’Anas. Gli altri promessi a suo tempo dal governo? Non si sa nulla di certo. In qualche caso si potrà contare sulle generose offerte di privati, per altre decine di milioni. Ma nulla di più.

I ruoli. La Regione doveva svolgere un ruolo di supporto integrativo, e non sostitutivo, nel dopo-emergenza. I ritardi accumulati da Roma appaiono invece macroscopici. Alle voragini aperte dall’alluvione nelle strade dell’isola si aggiungono i crateri della burocrazia. Sono sprofondati lì tutti gli altri soldi attesi in questi 11 mesi di speranze disattese? O comunque non li vedremo mai?

Due aggravanti. La prima: il calcolo dei danni subìti da Gallura, Nuorese, Oristanese e altre zone attraversate dal ciclone in quella notte tremenda costata la vita a 18 persone è stato stimato per difetto. In realtà, al di là della segnalazioni degli oltre 70 Comuni alluvionati tramite le schede di riferimento per questi disastri, gli operatori economici fin dall’inizio avevano indicato una somma superiore: 650 milioni. La seconda circostanza aggravante riguarda lo stato dei suoli all’epoca dell’alluvione un po’ in tutta la Sardegna. Condizioni di estrema precarietà fin da allora. Anzi, un quadro allarmante: lo avevano già mostrato le precedenti catastrofi di Capoterra e Villagrande Strisaili.

Ecco il punto. Dunque: a 12 mesi dalle distruzioni provocate da “Cleopatra”, a Roma non si accenna più ad altri finanziamenti né a come evitare nuove catastrofi. Neppure dopo gli ultimi nubifragi in Liguria e in Maremma. In estrema sintesi: manca un progetto complessivo per mettere in sicurezza intere aree del Paese. Un progetto che nell’isola i geologi, per la verità anche molto prima del 18 novembre 2013, non si sono mai stancati di sollecitare. Con l’appoggio incondizionato - e vano - di altri specialisti, come ingegneri, agronomi e architetti e tra i continui Sos delle associazioni ambientaliste sarde.

Mobilitazione. A certificare il malessere sono le denunce e le proteste che continuano ad arrivare da ogni parte della Sardegna. Negli ultimi giorni si sono levate nuove grida d’allarme. Soprattutto a Olbia, Orosei, Torpè e Posada in tanti hanno segnalato altri pericoli potenziali rappresentati dai lavori non ancora ultimati. Un intoppo evidente nelle contromisure per arginare le conseguenze dei danni del passato e per evitare contraccolpi in zone sin qui scampate alla furia delle acque.

Demarcazione. Spicca dunque il divario tra le necessità reali e le possibilità effettive garantite dal denaro a disposizione. Tracciando una linea, da una parte si collocano le esigenze in teoria prioritarie per il ritorno alla normalità: 30 milioni per i provvedimenti urgenti, 206 per il ripristino delle opere distrutte, altri 260 per quelli “strutturali” di riduzione del cosiddetto rischio residuo nelle aree devastate da Cleopatra.

Stanziamenti disponibili. Dall’altra parte della linea, invece, si possono individuare gli interventi attuati. Quelli garantiti dalla Regione sono stati finora 351, disseminati su tutto il territorio interessato. Di questi, sul piano amministrativo, oltre la metà (178 per l’esattezza) sono già arrivati alla fase del rendiconto contabile. Il che significa che sono stati completati, o quasi. Ma dei 12 milioni legati a quest’ultimo passaggio, solo 5 sono stati liquidati, mentre un ulteriore mezzo milione è in pagamento. Gli altri 5,5 milioni si trovano nelle fasi d’istruzione della pratica.

Quadro complesso. Interessante la ripartizione degli altri 40 milioni stanziati sempre dalla Regione sul “sistema alluvioni”: comprensivi quindi dei fondi per le più recenti alluvioni di Sorso e Santa Teresa di Gallura. In questo caso, per consolidamento di strade, ripristino e messa in sicurezza di ponti, diminuzione di rischi potenziali derivanti da opere idrauliche, sono stati portati a termine o sono stati programmati dall’assessorato Lavori pubblici contromisure in parecchie zone dell’isola: Sarcidano, Barbagia di Seulo, Lula, Loiri Paolo, Bitti, Olbia e in diverse altre aree.

Le strade e i ponti. E sul fronte dell’Anas, invece, come vanno le cose? Intanto si deve ricordato che il suo presidente, Pietro Ciucci, è commissario delegato per il ripristino in Sardegna della viabilità provinciale e statale. Alla Spa fanno così capo una cinquantina di opere, tutte appaltate e con lavori aggiudicati. Una ventina finite, altrettante quelle per cui i cantieri sono all’opera. Uno dei problemi più consistenti rispetto ai programmi iniziali (che nel complesso ha visto aumentare i finanziamenti pubblici governativi da 50 a 58 milioni) riguarda le strade sulle quali si svolgono ancora indagini per accertare le responsabilità penali. Con la necessità di ottenere il dissequestro dei tratti di strada da parte degli inquirenti chiamati a svolgere accertamenti in mezza Sardegna. Ma in generale l’intervento dell’Anas si è quasi sempre articolato su due fasi: prima il riavvio della circolazione, poi la ricostruzione e la messa in sicurezza. Nel cronoprogramma, visibile sul sito www.crvsardegna2013.it, si prevede la fine di tutti i lavori per gennaio. Di quelli in capo all’Azienda, naturalmente. Perché, per gli altri, senza più soldi statali, sarà davvero dura.

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