La Nuova Sardegna

Cultura, una miniera ancora da sfruttare

di Alfredo Franchini
Cultura, una miniera ancora da sfruttare

L’isola non riesce a trasformare musei e siti archeologici in industrie produttive e resta in coda tra le regioni

21 ottobre 2014
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CAGLIARI. Al contrario di quanto disse una volta l’ex ministro Tremonti, con la cultura, oltre che nutrire l’anima, si può anche mangiare. Lo testimonia una ricerca della Svimez sul potenziale dell’industria culturale nel Mezzogiorno: nei prossimi anni si potrebbero attivare 250 mila posti di lavoro nelle regioni del Sud di cui ben centomila per laureati. E stavolta non parliamo solo delle occasioni perse per non avere un adeguato numero di addetti ai musei o di guide turistiche. La Svimez, l’associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno, fa riferimento ai posti di lavoro legati alle produzioni industriali in sinergia con la cultura. Per fare questo occorrono investimenti che sono possibili se si usassero bene le risorse comunitarie.

Lavoratori. L’attuale scenario è sottodimensionato. In Sardegna operano nel settore culturale 26 mila lavoratori ma potrebbero essere molti di più. Anche l’industria della Cultura sta al Nord: la Lombardia ha il 19% delle imprese del settore, seguita da Emilia, Veneto. Al Centro si distinguono il Lazio e la Toscana, poi è il vuoto; la Sardegna precede solo - e di poco - la Calabria, l’Abruzzo, Basilicata, Molise, Val d’Aosta.

Turismo.Le strutture maggiormente visitate in Sardegna sono legate alle coste. Secondo i dati del Crenos, prendendo il parametro dei siti visitati da almeno 30 mila persone, si scopre che da soli raccolgono il 72% dei visitatori e si polarizzano su nove centri: La Maddalena, Castalsardo, Sassari-Alghero, Torralba, Paulilatino, Dorgali, Nuoro, Barumini e Cagliari. Il sistema sardo si regge, quindi, su diversi microsistemi territoriali. E il turismo culturale è spesso legato alla fruizione dei musei e dei siti archeologici dipendenti dal turismo balneare.

Crenos. Per il Crenos sinora ha prevalso un’ottica individualistica in forza della quale ciascun Ente locale reclama il proprio museo ma la recente indagine della Svimez, condotta da Luca Bianchi, rivela che la crescita può avvenire solo se si ragiona in termina di filiera. La capacità attrattiva dell’industria culturale sul turismo è al 33,6% del totale.

Eventi.Nell’isola l’industria della musica rappresenta solo lo 0,3% del sistema produttivo. Eppure tutti gli studi dimostrano che alcuni grandi eventi possono far crescere la ricchezza. Una prova - citata nei rapporti economici in relazione all’industria culturale - è il Festival della Taranta, in Salento, il più grande festival musicale dedicato al recupero della pizzica e alla fusione di altri linguaggi musicali. Quel Festival ha fatto crescere negli anni il turismo della Puglia in modo esponenziale.

Film. Le cose in Sardegna vanno un po’ meglio per il sottosettore film, video, radio che ha una percentuale di valore aggiunto del 6,5%. La vitalità del settore, la presenza di diversi registi sardi, ha portato alla nascita di Sardegna film commission che, tra gli scopi, ha quello di convincere i grandi produttori a scegliere l’isola come un ideale set cinematografico.

Errori. Al di là dei tagli ai bilanci della cultura, che pure sono stati gravissimi, la Sardegna sconta ritardi e incapacità come accade in gran parte del Mezzogiorno: nel Sud si trovano 145 siti tra musei, monumenti e aree archeologiche, cioè il 35% del totale nazionale e si sale a quota 256 se si aggiungono quei siti che non sono di competenza del ministero. Una ricchezza enorme che continua a non avere una fruizione adeguata: a Cagliari ne sono esempio la maggiore necropoli punica del Mediterraneo, (mai aperta al pubblico), e l’Anfiteatro romano, chiuso.

Professioni. Le previsioni di assunzioni per i prossimi anni sono state elaborate dalla Fondazione Symbola. Tra le professioni più richieste ci saranno analisti e progettisti di software ma anche operatori video e grandi cuochi: cibo, turismo e musica sono le tre voci di particolare richiamo per il settore turistico-culturale. Ai lavoratori sarà richiesta una grande formazione professionale perché l’improvvisazione non è più ammessa in un mondo globalizzato. La laurea sarà quasi sempre un requisito d’obbligo.

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