La Nuova Sardegna

Investimenti europei contro la disoccupazione

Nei prossimi dieci-vent’anni i mutamenti tecnologici rischiano di rendere obsoleto un posto su due

20 ottobre 2014
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BOLOGNA. «I tempi stanno cambiando» e l'innovazione tecnologica rischia di rendere obsoleto nei prossimi 10-20 anni un posto su due, polarizzando il mercato del lavoro in un gruppo ristretto di pochi altamente istruiti retribuiti a fronte di altri poco pagati che svolgono funzioni impossibili da affidare alle macchine. Il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, con un incipit affidato a una famosa canzone di Bob Dylan di cinquant'anni fa (“The Times They Are a-Changin'”), ha affrontato il problema della disoccupazione crescente specie in Europa e in Italia e ha invitato a raccogliere e a non temere la sfida della «seconda era delle macchine», quella che l’economia mondiale vive attualmente.

Come fare a gestire la transizione in attesa della creazione dei lavori di domani? Visco ritiene che il passaggio vada gestito non con la difesa del posto di lavoro, che appunto rischia di non esistere più, ma del lavoratore, riformando i sistemi di sicurezza sociale e favorendo chi fa impresa, rimuovendo gli ostacoli burocratici amministrativi e della giustizia. Visco ha invitato a guardare al futuro e a contestualizzare la volatilità dei mercati, che nei giorni scorsi, in due sedute di Borsa, hanno visto prima una forte caduta e poi una crescita, a causa dei timori di chi «guarda nello specchietto retrovisore» riesumando le paure per la tenuta dell’euro del 2011 e del 2012. «L'euro è irreversibile», ha scandito Visco.

Il governatore ha parlato l’altro ieri nell'aula magna dell'università di Bologna per i sessant’anni anni della casa editrice Il Mulino . Bob Dylan è stato soltanto l'inizio, poi le citazioni sono state di economisti contemporanei o passati, come Keynes, il suo discepolo Meade, Summers e Piketty. Fuori dell’aula scontri fra polizia e antagonisti che cercavano di arrivare al luogo della conferenza. Dentro esponenti dell’economia, della politica e della finanza, oltre che la grande famiglia degli amici del Mulino.

Gli investimenti sono stati un tema cruciale dell’intervento. Servono quelli nazionali, ma soprattutto quelli europei, mettendo a fattore comune i paesi dell'Unione in settori come difesa e infrastrutture. In Usa gli studi di un economista italiano che lavora a Berkley, Enrico Moretti, hanno dimostrato come ogni lavoro hi-tech crei cinque posti di lavoro in settori tradizionali. In fondo, ha argomentato Visco, non può avverarsi un mondo fatto di soli robot e «bisognerà pure che vi siano consumatori in grado di domandare i nuovi beni e servizi».

L'Europa e l'Italia sono indietro. La società e l'economia sono sostanzialmente ferme da ben prima della crisi finanziaria ed è ampio il potenziale di miglioramento che si può ottenere rimuovendo vincoli e rigidità, accelerando l'adozione delle nuove tecnologie. Certo è difficile realizzare obiettivi come quello fissato dalla commissione Ue sulla reindustrializzazione dell'Europa o quello lanciato dal governo italiano delle tre I (inglese, informatica, impresa). «Più che anticipare il cambiamento – ha concluso Visco – è importante esservi preparati, creare le condizioni migliori per cogliere le opportunità e i rischi». (n.l.)

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