La Nuova Sardegna

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Il riformismo cattolico di Dossetti

di Luciano Marrocu
Il riformismo cattolico di Dossetti

Un saggio di Fernando Bruno sullo storico leader della sinistra Dc

18 ottobre 2014
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L'influenza di Giuseppe Dossetti sulle idee di uomini e donne appartenenti o vicini alla Democrazia cristiana è stata di gran lunga superiore a quella di molti suoi compagni di partito che pure hanno avuto a lungo importanti funzioni di governo. Questo non solo grazie al fascino delle sue idee ma anche per la testimonianza di impegno e di coerenza che Dossetti offrì con le sue scelte di vita. Il suo percorso politico e intellettuale fu segnato da diversi momenti di rottura, ognuno dei quali, lungi dal rappresentare una fuga allargava, se non il campo, certo l'intensità dell'impegno. La prima rottura significativa fu, già nel 1946, con la leadership moderata che, a suo giudizio, De Gasperi esercitava sulla Democrazia cristiana. Al centro della discussione, l'opzione repubblicana che Dossetti avrebbe voluto netta da Parte del partito. In quello stesso 1946, Dossetti fu eletto nell'Assemblea costituente e, nelle elezioni del 1948, nella Camera dei deputati dalla quale si dimise nel 1952 per dar vita a quello che di lì a qualche anno sarebbe diventato l'Istituto per le scienze religiose. Fu questa la rottura più importante, a cui seguì qualche anno più tardi la scelta di diventare sacerdote e di dedicarsi allo studio e alla preghiera. Ciò che non gli impedì di far sentire la sua influenza nel corso dei lavori del Concilio Vaticano II e, negli ultimi anni, promuovendo iniziative in difesa della Costituzione repubblicana.

Il libro di Fernando Bruno, “Giuseppe Dossetti. Un innovatore nella Democrazia cristiana del dopoguerra” (Bollati Boringhieri, 2014, 23 euro) fa seguito a una ripresa di interesse e di studi su Dossetti stimolato anche dal fatto che nel 2013 ricorreva il centenario della nascita.

L'originalità del contributo che Bruno offre alla ricostruzione della vicenda politica e del percorso intellettuale dell'uomo politico reggiano consiste nel leggerli principalmente attraverso le pagine di "Cronache Sociali", la rivista quindicinale che, tra il 1947 e il 1951, funzionò da organo della sinistra democristiana e del quale Dossetti fu l'animatore. Arrivato nel 1952 alla fine del suo percorso più propriamente politico, l'ex vicesegretario della Democrazia cristiana non nascose la sua disillusione nei confronti di una esperienza di cui non rinnegava nulla ma di cui coglieva benissimo i limiti. De Gasperi aveva vinto, su questo Dossetti non aveva dubbi, e aveva vinto conquistando alla sua leadership alcuni degli esponenti più capaci e dinamici della sinistra democristiana. Come documenta con grande efficacia Fernando Bruno, Dossetti si sentiva sconfitto soprattutto per non essere riuscito a portare il suo partito sul terreno della critica allo Stato liberal-borghese. Ai cattolici italiani Dossetti prospettava, al riguardo, una sorta di doppio movimento: quello volto a superare il loro storico «complesso dell'horror statualis», contribuendo da protagonisti alla costruzione dello Stato repubblicano; quello, poi, volto a fare di questo Stato la base e il punto di forza di una politica di riforma sociale.

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