La Nuova Sardegna

«Molti ragazzi vivono una realtà virtuale»

«Molti ragazzi vivono una realtà virtuale»

L’Osservatorio provinciale sul bullismo denuncia da tempo il diffondersi di comportamenti devianti

13 ottobre 2014
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NUORO. Per una volta l’alcol non c’entra: le analisi compiute sia sulla vittima sia sull’aggressore dell’episodio hanno escluso che i due protagonisti dell’episodio in piazza Veneto ne avessero abusato. Ma nelle lunghe notti dei giovani nuoresi l’alcol è ormai una presenza costante, in forte aumento negli ultimi anni al punto che il sindaco Alessandro Bianchi ha dovuto emanare un’ordinanza che vieta il consumo al di fuori dei locali pubblici dalle mezzanotte sino alle sei del mattino. Un provvedimento ancora in vigore (termina il 15 ottobre) che però non è riuscito ad arginare quello che gli esperti definiscono ormai un fenomeno sociale di proporzioni via via più vaste. Che coinvolge, in modo trasversale, ragazzi di ogni ceto sociale e, in termini sempre più accentuati, i minorenni. Le forze dell’ordine che nella notte sono intervenute dopo il tentato omicidio si sono imbattute, nei controlli di rito che sono stati estesi a tutta la città, in tanti giovani al di sotto dei 18 anni che avevano fatto abuso di alcol.

Proprio a Nuoro opera da anni l’Osservatorio sul bullismo, diventato ormai un punto di riferimento a livello nazionale per la prevenzione di devianze e comportanti delinquenziali tra i giovani. L’osservatorio barbaricino è stato istituito nel 2007, un anno prima che il ministero della Pubblica Istruzione ne decretasse l’apertura in tutto il territorio nazionale. Sette anni di attività, dunque, che consentono, se non di suggerire rimedi immediati al fenomeno della violenza giovanile, di indicare strategie di prevenzione che coinvolgano le famiglie e la scuola, a cominciare dalle elementari. L’osservatorio pubblica periodicamente report basati su questionari effettuati nelle scuole della provincia. Dove emerge che il 30 per cento dei ragazzi dichiara di aver subìto episodi di bullismo, mentre il 20% confessa di esserne stato protagonista, cioè di aver fatto il prepotente con i propri coetanei. «Siamo in linea con i dati nazionali», dice Fabrizio Mustaro, capo della squadra mobile nuorese e coordinatore dell’osservatorio. «Noto piuttosto la tendenza, in particolare da parte delle famiglie dei ragazzi coinvolti, a giustificare, trovare alibi – continua Mustaro –. Da un punto di vista educativo è già un autogol: significa deresponsabilizzarli, non metterli di fronte a ciò che deriva da un gesto sbagliato. In questo modo i ragazzi tendono a non assumersi la responsabilità dei propri atti». Un concetto ribadito da Gianfranco Oppo, sociologo che collabora con l’osservatorio: «Manca la responsabilità morale. Notiamo in molti ragazzi una sensazione di impunità, come se vivessero in una realtà virtuale». (p.me.)

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