La Nuova Sardegna

Asinara, rispunta l’idea del carcere per detenuti 41 bis

di Gianni Bazzoni
Asinara, rispunta l’idea del carcere per detenuti 41 bis

Una commissione che fa capo al Governo studia il possibile ritorno dei mafiosi. A favore della soluzione Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria

11 ottobre 2014
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SASSARI Ci risiamo. Stavolta si riparla di riaprire il carcere dell’Asinara passando per altre vie, per esempio la revisione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e un intervento sul sistema carcerario. Da qualche anno è diventato il tema dell’estate - con puntate più o meno credibili - e il fatto che accada a ottobre forse non è neppure un caso, visto che la stagione estiva sembra avere dilatato i propri confini.

A leggere bene le dichiarazioni, però, potrebbe non trattarsi delle solite frasi per raccontare quanto è stato dannoso chiudere supercarceri come Pianosa e Asinara che hanno turbato i sonni dei boss mafiosi. Al di là dello staff tecnico del ministero della Giustizia - che ragiona su un progetto che mira a ridurre le spese, a promuovere un nuovo regolamento, a tagliare i provveditorati regionali da 16 a 10 e ad accorpare una serie di funzioni - c’è una commissione autorevole che studia un intervento sul sistema carceri e fa capo direttamente alla presidenza del consiglio dei ministri, quindi a Matteo Renzi. È formata da magistrati con nomi ed esperienze importanti come Nicola Gratteri, Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita. Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria sul tema delle carceri ha le idee chiare e non le ha mai nascoste: è stato proprio lui - in più occasioni - a domandarsi ad alta voce il perché della chiusura negli anni Novanta dell’Asinara e Pianosa. Una scelta che non l’ha mai visto tra i favorevoli. Nel corso del 2014, almeno in un paio di occasioni, ha auspicato ufficialmente la loro riapertura con la destinazione specifica all’accoglimento dei detenuti 41bis. E proprio sul funzionamento del sistema, il magistrato (che era in lizza anche per diventare ministro) ha svolto una lunga e dettagliata analisi: in sostanza ha contestato la distribuzione di 750 detenuti in regime di carcere duro in 12 istituti, con i rischi di interpretazioni diverse (da parte dei direttori) delle norme. E ha indicato come soluzione la costruzione di 4 nuove carceri “esclusive” guidate da altrettanti direttori “specializzati”. Nicola Gratteri, infatti, è per i campi di lavoro.

«Chi è detenuto in regime di 41bis – ha detto – coltivi la terra se vuole mangiare, non può stare a guardare la tv. In carcere si deve lavorare, serve come rieducazione». E i campi di lavoro, con livelli di sicurezza elevati, si possono realizzare solo in determinati ambienti. Quindi uno più uno fa sempre due. Insieme al progetto che modifica il sistema carceri (dovrebbe sparire persino l’ambita poltrona di capo del Dap che solitamente viene affidata a un magistrato e vale una indennità di circa 500mila euro: è vacante dal 28 maggio), la commissione Gratteri-Davigo-Ardita, sarebbe impegnata anche a una sorta di “revisione” della polizia penitenziaria che dovrebbe diventare una “police” della giustizia. Insomma, tutta la parte dell’esecuzione penale verrebbe affidata proprio alla polizia penitenziaria. Si tratta di compiti che già in parte vengono svolti, anche se in condominio con altre forze del comparto sicurezza. In questa nuova idea di sistema carcerario, è evidente che i riferimenti alla possibile riapertura dell’Asinara e di Pianosa, oggi parchi nazionali, sono continui e sostenuti anche da chi si è sempre chiesto come mai lo Stato abbia rinunciato a quelli che venivano considerati «strumenti efficaci nella lotta alla mafia e alla criminalità organizzata». Sembra tardi per tornare indietro, ma se ne parla ancora e le preoccupazioni ci sono.

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