La Nuova Sardegna

Gli scatti di Onida su “Gente di fotografia”

di Antonio Mannu
Gli scatti di Onida su “Gente di fotografia”

Le immagini del fotografo sassarese sulla prestigiosa rivista coi testi di Alberto Capitta

08 ottobre 2014
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SASSARI. Gente di Fotografia, curato trimestrale di cultura fotografica con redazione in Sicilia, a Grotte, provincia di Agrigento, ha dedicato, nel numero di aprile di quest'anno, una retrospettiva a un fotografo sardo, di età matura e matura esperienza, che per mestiere insegna chimica ed economia. Sulla rivista – una bella pubblicazione che da quasi vent'anni dà spazio non solo ai grandi nomi ma anche ai meno noti –, le fotografie di Onida sono accompagnate da un testo di Alberto Capitta, – romanziere finalista allo Strega, vincitore del Brancati e di numerosi altri premi – che scrive: «E' un insegnante e come tale ha l'obbligo sacro del rispetto degli orari, al mattino, quando i suoi alunni lo aspettano per l'inizio delle lezioni. Lo aspettano per crescere, per apprendere da lui quelle formule che li aiuteranno nella vita. E' con questa responsabilità nel cuore che in certi giorni della settimana Onida corre altrove, rischiando così di arrivare in ritardo dai suoi ragazzi. Rischia un ritardo pur di fotografare un'imperdibile luce mattutina a cui aveva dato appuntamento. Così, correndo sul filo del rasoio, dell'orario, trafelato, attraversa i campi gelati, le vie della città, gli orti che ancora sopravvivono da qualche parte e, con la sua reflex al collo, non si da pace finché non riesce a fissare nella pellicola ciò che non si ripresenterà mai più. Un'artista romantico che sa di dover mettere in gioco tutto, il suo lavoro, la sua posizione, gli affetti pur di abbracciare l'oggetto della sua ossessione: l'immagine».

Giuseppe Onida, Peppe. Nato ad Anela beve il vino rosso e gioca a morra, ama il canto a tenore e lo vorrebbe cantare. Ha portato in Sardegna, insieme ad altri, il più incredibile teatro che abbiam visto ed udito. Bausch, Gades, Odin Teatret, Kantor.

Quel teatro ha fatto il nido nelle sue fotografie, che Peppe scatta con macchine semplici e anziane, corredate di antica celluloide. In rotolini. Come si faceva prima. Quando fotografa, senza perdere lo sguardo, e l'attenzione, e la tensione, dentro un piccolo monitor meraviglioso che porta via, lontano. Come si fa adesso. E guardando a questo si può capire che tutto quello che dice Alberto Capitta è vero.

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