La Nuova Sardegna

Fondi ai gruppi: proposta di legge ripristina assunzioni e spese

di Mauro Lissia
Fondi ai gruppi: proposta di legge ripristina assunzioni e spese

Dopo lo scandalo il Consiglio aveva deciso di impiegare solo dipendenti pubblici

07 ottobre 2014
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CAGLIARI. Ci riprovano: prosciugato, con una norma rigorosa votata a gennaio scorso sulla scia delle inchieste giudiziarie, il fiume di denaro pubblico che alimentava i gruppi consiliari, sedici onorevoli hanno presentato una proposta di legge che rilancia la possibilità di assumere personale privato e consulenti da mettere a carico del Consiglio regionale. Il testo – proposta di legge 114 del 25 settembre scorso, sono rappresentati i gruppi minori ma non quelli di Pd e Forza Italia – è stato depositato senza clamore: se passasse, i gruppi consiliari si trasformerebbero nuovamente in porte girevoli per i soliti raccomandati dei partiti, amici e amici degli amici da sistemare col pretesto di acquisire «prestazioni d’opera intellettuale» come «consulenze, ricerche e attività di comunicazione». Naturalmente la scelta dei prossimi arrivati è – nella proposta – un’esclusiva dei partiti: sono i presidenti dei gruppi o rappresentanti legali a stipulare i contratti «a termini del regolamento interno del gruppo stesso». In sostanza: assunzioni private coi soldi pubblici. Tecnicamente la proposta è semplicissima: si tratta di prendere l’articolo 9 della legge approvata appena otto mesi fa per dare un taglio alla gestione privatistica della politica regionale e sostituirlo con un nuovo articolo 9 che lo integra in modo sostanziale: la formulazione in vigore stabilisce che il personale dai gruppi va scelto nei ruoli regionali e trasferito in regime di «comando» come avviene da sempre tra enti pubblici, quindi senza nuovi stipendi da pagare. I sedici consiglieri chiedono che si possa aggiungere o sostituire ai dipendenti pubblici «personale con contratti di lavoro di natura privatistica a tempo determinato e conferire incarichi di consulenza».

Il tutto, come è scontato «per lo svolgimento delle attività istituzionali» che evidentemente senza aiuti dall’esterno vanno a rilento. Chiarito che i contratti privati «non possono superare la durata della legislatura» i firmatari della proposta chiedono che all’articolo 9 venga aggiunto un articolo 9-bis che riguarda il rendiconto e il controllo delle spese: l’obbligo, secondo la proposta, dovrà riguardare «esclusivamente il costo del personale». Al resto, pensano loro. Per salvare la faccia i sedici consiglieri propongono che il costo complessivo del personale destinato ai gruppi, compresi i contratti privati, non vada oltre il massimo individuato per ciascun gruppo. Nessun riferimento alla possibilità di risparmiare, spendendo meno del massimo. Ma chi ha firmato questa proposta che dovrebbe andare all’esame dell’assemblea regionale? Ecco i nomi: il vicepresidente del consiglio Eugenio Lai, poi Roberto Desini, Daniele Secondo Cocco, Luca Pizzuto, Francesco Agus, Alessandro Unali, Paolo Flavio Zedda, Pier Mario Manca, Augusto Cherchi, Efisio Arbau, Michele Azara, Mondo Perra, Giorgio Oppi, Giuseppino Pinna, Gavino Sale e Gaetano Ledda. Dunque uno schieramento trasversale, che va dall’Udc all’Irs passando per Sel, Soberania e altri gruppi minori. Fin qui le certezze. Ma per capire quale possa essere la ragione di un’iniziativa trasversale così impopolare e intempestiva occorre fare un passo indietro, sino alle scorse legislature regionali.

La legge di gennaio 2014, passata sull’onda dei processi e delle accuse di peculato rivolte a un centinaio di onorevoli ed ex onorevoli, aveva tagliato drasticamente i contributi alle spese destinate al personale privato per puntare sul coinvolgimento dei dipendenti pubblici nell’attività legislativa. Se i 22 funzionari «storici» dei gruppi erano stati già stabilizzati con la legge 1 del 2009 - ancora sotto giudizio della Corte Costituzionale su ricorso dei sindacati, negli enti pubblici si entra per concorso e non per chiamata dei partiti - negli anni erano stati inseriti altri impiegati, che a causa della legge 2 sono rimasti a terra. Alcuni dei precari - sono almeno tre, in parte di vecchia data - vengono pagati in contanti da onorevoli generosi. Ma in mancanza di prospettive, sarebbero nati forti malumori. Da qui, per volontà e su proposta di alcuni onorevoli coinvolti nel problema, l’idea di ridare legittimità alle assunzioni private. La parola passa adesso al consiglio regionale, sempre che i firmatari della proposta non ci ripensino e la rimettano in un cassetto in attesa di tempi migliori.

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