La Nuova Sardegna

la petizione dei familiari dei 140 morti

Moby Prince, 21mila firme

Moby Prince, 21mila firme

Cresce la mobilitazione per la riapertura dell’inchiesta

05 ottobre 2014
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LIVORNO. La petizione per chiedere verità e giustizia sulla tragedia del Moby Prince, lanciata nelle scorse settimane sulla piattaforme on line change.org, ha raggiunto quasi 21 mila firme. Lo rende noto il suo promotore, Luchino Chessa, figlio del comandante del traghetto della Navarma morto a bordo la sera del 10 aprile 1991 insieme ad altre 139 persone. L'iniziativa è stata fatta nome anche degli altri familiari delle vittime. Ieri, in occasione della notte bianca della memoria della diga del Vajont, durante la veglia Francesco Gerardi ha ricordato la strage del Moby Prince e anche la petizione. «Dobbiamo andare avanti con la raccolta firme – ha aggiunto Chessa –. Più siamo, più contiamo. Non dimenticare è un atto di civiltà e fa crescere la democrazia del nostro Paese».

I familiari delle vittime del Moby Prince invocano un intervento diretto del premier Matteo Renzi per fare luce sulla vicenda oltre 23 anni dopo la più grande tragedia della marineria italiana. «Da allora – scrive Chessa – le indagini e i processi sulla vicenda hanno portato a un nulla di fatto e io insieme agli altri familiari ne siamo stati purtroppo testimoni. Quella notte nel porto di Livorno c'erano navi militarizzate in forza agli Stati Uniti, di ritorno dalla guerra del Golfo e che avrebbero dovuto scaricare armi nella base di Camp Darby. C'era una petroliera, l'Agip Abruzzo, che si trovava in una zona di mare “off limits” per quanto riguarda l'ancoraggio e in ogni caso in un tratto di mare diverso da quello riportato negli atti ufficiali». Nella lettera a Renzi, Luchino Chessa sottolinea che «non c'erano tuttavia tracciati radar, né satelliti che guardavano il porto di Livorno, e soprattutto non ci sono stati soccorsi coordinati e tempestivi» e per questo chiede «che si faccia piena luce su tutta la vicenda anche utilizzando i documenti chiusi negli archivi segreti dello Stato». Chessa rinnova infine l'auspicio di promuovere «una commissione d'inchiesta parlamentare bicamerale, che possa operare con professionalità e spirito costituzionale, fino a fornire risposte definitive ai quesiti che ci poniamo da 23 anni».

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