La Nuova Sardegna

I “tentacoli” sulla Sardegna: già 60 i beni confiscati

di Luca Fiori
I “tentacoli” sulla Sardegna: già 60 i beni confiscati

La gran parte dei sequestri è stata eseguita tra Cagliari, Villasimius e Quartu Tra le proprietà requisite anche quelle della banda Mesina e di Angelo Balducci

29 settembre 2014
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SASSARI. Sessanta beni confiscati alla mafia nell’isola negli ultimi anni. Lo raccontano i dati dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali. Tentacoli che arrivano anche da noi e che ogni tanto vengono spezzati, come nel caso degli ultimi sigilli messi due giorni fa ad alcuni beni riconducibili a Ernesto Diotallevi, il boss della Banda della Magliana con la passione per la Gallura e la Costa Smeralda.

La gran parte dei beni confiscati in Sardegna si trova in provincia di Cagliari (49), mentre al secondo posto c’è la provincia di Sassari (8). Dai dati emerge che circa la metà di questi beni è localizzata nei due comuni di Villasimius (19) e Quartu Sant’Elena (13).

Sei nuove confische sempre in provincia di Cagliari nel corso del 2013, stando ai dati della Relazione del Ministero della Giustizia presentata in Senato, sono destinate a diventare definitive. Dei 60 beni, 46 risultano consegnati agli enti destinatari, 5 in gestione diretta dell’agenzia e ben 9 che hanno trovato una destinazione ma non sono stati ancora consegnati (tutti in provincia di Cagliari, sono il 20% dei beni destinati di questa provincia). Non era difficile immaginarlo, ma le prove documentali hanno permesso di accertare anche l’attività di grosse organizzazioni criminali in termini di investimenti immobiliari: due anni fa il caso delle confische avvenute a Porto Rotondo, con quattro appartamenti nel condominio “Il Nuraghe” acquisiti dall’Agenzia. Per gli investigatori sono riconducibili a Raffaele Sarnataro, imprenditore indicato come il re dell’immondizia del Sud: sarebbe legato al clan “La Torre” e avrebbe gestito una mega discarica della camorra nella Terra dei Fuochi. Si tratterebbe per di più degli stessi immobili appartenuti fino alla fine degli anni Settanta al cassiere della mafia Pippo Calò. A finire sotto confisca di recente sono stati anche i beni dei membri della “Banda Mesina”, come nel caso dei patrimoni posti sotto osservazione della Dda di Cagliari e riconducibili a Gigino Milia, componente di spicco dell’organizzazione capitanata dall’ex re del Supramonte. Mancano invece all’appello i beni di Attilio Cubeddu, ex componente dell’Anonima Sarda Sequestri e tra i latitanti più pericolosi d’Italia. Nel 2012 la Dda di Cagliari chiese la confisca degli immobili (una palazzina ad Arzana) del pregiudicato condannato all’ergastolo per il sequestro Soffiantini e per la morte dell’agente dei Nocs Donatoni. Il Tribunale di Nuoro respinse l’istanza in quanto la pericolosità di Cabeddu “non si è manifestata in luoghi di competenza di tribunali sardi, ma solo in Toscana, Lazio ed Emilia Romagna”, zone in cui avvenivano i sequestri che finanziavano la banda. L’ultima clamorosa confisca di beni per 13 milioni riguarda l'ex dirigente statale Angelo Balducci, coinvolto nello scandalo del G8 mancato alla Maddalena. Anche per lui non un semplice sequestro preventivo, ma una requisizione definitiva dell'intero patrimonio intestato a lui e ai suoi familiari. Tutto perché dal «ramificato sistema corruttivo» Balducci avrebbe tratto notevoli benefici accumulando una montagna di denaro. Situazione che, da sola, ha autorizzato l'applicazione delle leggi antimafia. La confisca interessa l'intero patrimonio accumulato nell'ultimo decennio dalla famiglia dell'ex alto funzionario. Balducci, con altri funzionari pubblici ed imprenditori, è stato al centro delle indagini condotte dalle Procure di Tempio, Roma, Firenze e Perugia sul "sistema gelatinoso". Condotte che nel filone giudiziario gallurese gli sono valse la richiesta di rinvio a giudizio per le mancate bonifiche nell’ex arsenale militare di Moneta.

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