La Nuova Sardegna

Aree interne, Pigliaru: solo uniti si vince

di Paolo Merlini
Aree interne, Pigliaru: solo uniti si vince

Seneghe, il presidente e l’ex ministro Barca parlano dell’utilizzo dei fondi europei 2014-2020 ai seminari intitolati a Brusco

23 settembre 2014
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INVIATO A SENEGHE. «Si facciano le unioni dei comuni o la Regione sarda apparirà sempre come un mostro centralista. Perché di piccolo si muore. Lo dicono i numeri». La franchezza di Francesco Pigliaru gela il pubblico del convegno “Aree interne e progetti d’area”, al centro della prima giornata della Scuola estiva di Sviluppo locale Sebastiano Brusco, alla sua nona edizione. Intervenendo per la prima volta da presidente della giunta regionale al seminario dove in passato, da docente universitario, ha svolto il ruolo di “intellettuale rompiscatole” (parole sue), Pigliaru frena gli entusiasmi su visioni bucoliche dell’interno sganciate dalla realtà. I protagonisti del cambiamento dovranno essere i territori, dice, non i singoli comuni dove oggi vincono lo spopolamento, l’abbandono scolastico, la disoccupazione. «Seneghe compreso», sottolinea riferendosi al paese che ospita l’incontro e che Pigliaru stesso ama frequentare, e nonostante le caratteristiche elencate poco prima da Benedetto Meloni, direttore della Scuola Sebastiano Brusco: due presìdi Slow Food, il «più importante festival italiano di poesia», la stessa summer school di sviluppo locale. Come a voler segnalare, il presidente della Regione, che anche la più accorta e disinteressata gentrificazione culturale poco incide sulla realtà di tutti i giorni. Una realtà, dice Pigliaru, che va mutata con strategie di sviluppo orizzontali, dove sono i territori, uniti, a far sentire la propria voce e diventare protagonisti di un nuovo modello di sviluppo, basato soprattutto su produzioni di qualità. «Non bisogna vivere nell’attesa del visitatore. È trent’anni che nell’isola si parla di destagionalizzare, e siamo ancora qui a dircela. I territori saranno un test per organizzare la produzione. I produttori di vino ce l’hanno fatta, si sono organizzati e oggi esportano in tutto il mondo. Ma le esportazioni dell’intero settore agroalimentare dell’isola sono appena 160 milioni l’anno (tra i più bassi in Italia, ndr). Bisogna crescere, e l’Expo 2015 sarà una opportunità per farci conoscere».

Poco prima aveva parlato Fabrizio Barca, ministro della Coesione regionale ai tempi del governo Monti. Oggi coordina per il ministero dello Sviluppo economico il progetto nazionale per le aree interne che potranno accedere ai fondi europei 2014-2020. Un progetto a lungo termine, dunque, in un Paese fortemente diversificato dove le aree interne costituiscono il 66 per cento del territorio con appena un quarto della popolazione. Ma cosa sono esattamente? Sono le aree distanti dai servizi, a cominciare dalla scuola e dalla sanità. Come saranno individuate, visto che questi e altri problemi riguardano una così grossa parte del territorio nazionale? Saranno non più di una o due per regione. Barca non ha detto quali siano quelle individuate in Sardegna, dove c’è solo l’imbarazzo della scelta, ma dovrebbero essere i 25 comuni dell’Alta Marmilla e gli 11 della Comunità montana Gennargentu-Mandrolisai. Una scelta, attuata d’intesa con la Regione, che per il governo avrà il carattere di sperimentazione di un nuovo modello di sviluppo locale, dove i comuni daranno vita a vere alleanze di territorio, in modo da riacquistare centralità nel tessuto economico e sociale. E le comunità torneranno protagoniste. Parole già sentite? «Ci sarà una profonda discontinuità con il passato», assicura l’ex ministro.

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