La Nuova Sardegna

E Holland s’innamora delle launeddas

di Silvana Porcu
E Holland s’innamora delle launeddas

Ai Seminari Jazz il grande jazzista dedica un pezzo a Luigi Lai, applausi per l’arpa funk di Castaneda

31 agosto 2014
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NUORO. Dave Holland che dedica un brano al maestro Luigi Lai, Edmar Castaneda che fa scintille con la sua arpa, docenti e allievi che si ritrovano a suonare insieme fino alle ore piccole.

Nuoro Jazz è sempre stato un luogo pieno di sorprese. Quest’anno l’attesa era tanta, sia per il nuovo corpo docente, sia per la direzione artistica, ora affidata al pianista Roberto Cipelli. Ma già dalle prime sere si è capito che l’aria familiare e giocosa che ha sempre contraddistinto questi seminari non era sparita. E anche Dave Holland, l'ospite più atteso di questa edizione, sembra essersi lasciato trascinare dall'atmosfera. Dopo i primi giorni di assestamento, sui corsi organizzati dall’Ente Musicale di Nuoro ha campeggiato la presenza, gigantesca e allo stesso tempo mai ingombrante, di questo straordinario gentleman del contrabbasso, che non tradisce le sue origini inglesi pur avendo lasciato presto il Regno Unito per accettare l’invito di Miles Davis e approdare a New York. Qui ha inciso alcuni dei dischi di jazz più belli degli ultimi decenni e maturato una visione estremamente personale della composizione e dell'arrangiamento. È facile pensare che un artista con una carriera del genere abbia visto e sentito tutto.

Ma la grandezza di personaggi come lui sta anche nella capacità di farsi sorprendere. Ed è successo quando Holland – impegnato in una masterclass di tre giorni per i seminari nuoresi – ha ascoltato per la prima volta le launeddas di Lai, anche lui in cattedra per insegnare l’arte antica di questo strumento. Per Holland è stato un colpo di fulmine. L’ha dimostrato durante lo strepitoso concerto in solo a Casa Deledda, poco prima di suonare un brano ispirato al suono delle launeddas, e dedicato a Luigi Lai, scritto di getto dopo quell’incontro.

Davanti al palco, l’ammirazione silenziosa di una platea mai così numerosa, mentre Dave Holland esegue brani storici del repertorio jazzistico e pezzi originali con quel suono incredibilmente corposo, sicuro e avvolgente che viene fuori dal suo contrabbasso. Stesso religioso silenzio, qualche sera prima, per Edmar Castaneda, arpista colombiano che ha sorpreso tutti – in particolare tutti quelli che storcono il naso di fronte a uno strumento come l’arpa in ambito jazzistico –. Su quelle corde Castaneda è in grado di dare forma a qualcosa che va ben oltre un semplice swing d’ordinanza: in piedi dietro lo strumento, il giovane arpista tira fuori il funk, le ballate, i ritmi latini più frenetici, tutto. Improvvisa con una musicalità e una consapevolezza di linguaggio tali da lasciare a bocca aperta anche i più scettici. Sarà anche per questo che Marcella Carboni, docente del corso di arpa jazz ai seminari nuoresi e sua ospite sul palco, lo chiama “alieno dell’arpa”. Perché trovarsi di fronte a una persona con quel senso della musica e del ritmo è un fatto più unico che raro. Se poi tutto questo succede a velocità forsennate, con un sorriso perenne sul volto, allora viene davvero da pensare che questa meraviglia venga da un altro pianeta.

Il pubblico non può che ringraziare con un boato che esplode, incontenibile, fra un brano e l’altro. Ma i primi a divertirsi, nella serata inaugurale del festival, sono stati i vecchi padroni di casa: il Paolo Fresu Quintet (ovvero il nucleo storico dei docenti con cui Nuoro Jazz partì nel 1989) ha deliziato il pubblico del Teatro Eliseo con un repertorio fatto di grande musica e di aneddoti tratti da trent’anni di carriera insieme sugli stessi palchi.

Chissà se un giorno succederà anche a uno dei gruppi che si sono formati in queste aule. Per ora una di quelle band è atterrata nella Grande Mela, come ha raccontato il documentario “Nuoro Jazz a New York” di Carlo Sanna, un appassionato reportage sul minitour che ha portato i Domo De Nibe, migliori allievi dell’edizione 2012, nella città del jazz.

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