La Nuova Sardegna

Il consigliere dei papi: salvate la mia Sardegna

di Luca Rojch
Il consigliere dei papi: salvate la mia Sardegna

Il monsignore vicino a Papa Francesco racconta la sua vita accanto al Pontefice ed elenca le emergenze dell’isola: dalla disoccupazione allo spopolamento

28 agosto 2014
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SASSARI. L’uomo che siede alla destra del Papa arriva da Pattada. Monsignor Angelo Becciu è una delle personalità ecclesiastiche più influenti in Vaticano. Viene subito dopo il segretario di Stato, ma il suo ruolo è quello di grande saggio. Di diplomatico della fede. Ha parlato con tre pontefici, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco I. Segue ovunque il Papa durante i suoi spostamenti, ma porta con sé sempre un po’ di Sardegna, l’isola in cui è nato e cresciuto. L’isola in cui ha abbracciato la fede. E della sua Sardegna racconta ciò a cui è più legato. Ma affronta anche i mali di questa terra. Dalla disoccupazione alla nuova ondata di violenza che esplode tra le mura domestiche. E benedice anche la santa alleanza tra Bambin Gesù e Qatar che darà vita al nuovo San Raffaele. «Un bene per l’isola».

- Parla mai della Sardegna al Papa?

Capita di parlarne specie quando mi vede di rientro dall’isola. Posso dire che la Sardegna gli è rimasta nel cuore dopo il viaggio a Cagliari. Un ultimo accenno l’ha fatto al momento di decollare per la Corea, quando nel vedere il quadretto della Madonna di Bonaria, che uno steward dell’Alitalia nei viaggi internazionali è solito appendere nella stiva di fronte al suo sedile, mi ha chiesto scherzando se l’immagine veniva posta in mio o in suo onore.

- A proposito, che sentimenti prova nel collaborare con Papa Francesco? E come vede la profonda rivoluzione che il nuovo pontefice porta avanti all’interno della chiesa e nei rapporti con il mondo?

È evidente che collaborare con Papa Francesco è un privilegio e nello stesso tempo una responsabilità, ma ammetto che è anche piacevole perché ha il senso dell’umorismo, sa accettare il pensiero altrui e mette a proprio agio l’interlocutore. Di fronte a quella che nella domanda viene definita “rivoluzione operata da Papa Francesco” non possiamo limitarci ad applaudirlo, ma dobbiamo tutti, collaboratori stretti e fedeli, rimetterci in gioco perché il suo invito non è altro che un costante richiamo a fare del vangelo il punto di riferimento del nostro agire.

- Quanta Sardegna ha portato con sé in Vaticano?

Un po’ di seadas, gnocchetti e buon vino. Scherzo ovviamente. Un prete deve superare i provincialismi e avere una visione universale dei problemi. Non posso rinnegare le mie radici che trovano alimento nella fede trasmessami dai miei cari, nel senso dell’ospitalità e dell’amicizia, nella solidità delle convinzioni, qualità che dicono tipiche dei sardi. In questi tempi di difficoltà economiche porto con me le sofferenze dei miei conterranei.

- Quando il Papa tornerà in Sardegna per portare il suo messaggio di speranza?

Non chiudiamo le porte al futuro, ma vedo difficile un suo ritorno in Sardegna. Sentiamoci privilegiati per essere stati i primi ad averlo avuto tra noi, mostriamoci contenti di vederlo visitare altre regioni.

- La crisi economica ha fatto precipitare l’isola nella disperazione. Cassintegrati, disoccupati, lavoratori in mobilità. Per la Chiesa è una missione dare conforto a tutti. Cosa può fare?

Ahimè. La nostra isola, in Europa, è tra le terre più in difficoltà per mancanza di posti di lavoro e per la mancanza di prospettive per le nuove generazioni. Le nuove ondate di emigrazioni dei sardi, giovani e con alti livelli di scolarizzazione, testimoniano uno dei momenti storici più drammatici per l’isola. La Chiesa è vicina con il suo messaggio di speranza e incoraggiamento. Allo stesso tempo, oltre a denunciare le storture di un’economia che non produce benessere generalizzato avvia iniziative singolari per sostenere i meno fortunati. Vedi la Caritas e le strutture operative ad essa collegate. Nei giorni scorsi il vostro giornale ha pubblicato un articolo sul sostegno indiretto che la Cei offre all’economia sarda.

- Sempre più spesso le cronache riportano fatti di sangue che hanno per protagonisti mogli e mariti, l'ultimo di poche ore fa. Crede che la famiglia come istituzione sia messa in difficoltà dalle moderne dinamiche sociali?

Le uccisioni di mogli e figli stanno a ripetersi in maniera troppo frequente e pongono interrogativi inquietanti. Non possiamo esprimerci sui casi singoli perché non sappiamo cosa si nasconda nella mente naufragata della disperazione umana, ma di certo non possiamo non allarmarci per la frequenza e l’efferatezza di questi delitti. Un fatto è certo e ci preoccupa: la famiglia è in discesa libera a livello affettivo, sociale, educativo, culturale ed economico. Avrà tutto ciò un influsso su quanto di anormale sta succedendo nella società attuale? Lascio la risposta ai psicologi e ai sociologi. Come prete non posso non rilevare la perdita di quei valori che ritemprano l’anima e aiutano a superare le immancabili difficoltà della vita.

- Il mondo è attraversato da guerre sempre più a sfondo religioso. Il Papa ha detto che viviamo una terza guerra mondiale. La preoccupano i fanatismi e la radicalizzazione dei conflitti?

La situazione è davvero preoccupante, ma è ancor più preoccupante la lentezza per non dire l'incapacità dell’Europa a reagire di fronte alle pericolose minacce che incombono su di lei. La Libia è alle nostre porte. Gli analisti politici evidenziano la necessità di non sottovalutare il pericolo. Il Papa ha rivolto un pressante appello perché le Nazioni Unite si diano da fare per proteggere e restituire alle loro terre le migliaia di innocenti, cristiani e di altre minoranze religiose, che in Iraq sono stati costretti ad abbandonare le proprie case a motivo della loro fede.

- Ritorniamo alla Sardegna e alla singolare cordata che si è creata tra Bambin Gesù e Qatar foundation. Un simbolo che i grandi progetti possono fare da ponte anche tra chi ha fedi diverse. Come vede lei il progetto San Raffaele?

Da buon sardo non posso non rallegrarmi per la realizzazione di questo progetto e non riesco a immaginare che qualcuno possa opporsi. Oltre al beneficio dell’ospedale in sé, ci saranno, mi dicono, un migliaio di posti lavoro. Sarebbe una bella iniezione di fiducia per la nostra terra. L'ospedale “il Bambin Gesù”, interpellato sin dal primo momento, ha dato e darà il suo sostegno per la realizzazione dell’opera.

- Lei è nato a Pattada uno dei centri dell’interno che rischia di scomparire a causa dello spopolamento. Solo la chiesa in questi anni ha mantenuto presidi anche nei piccoli comuni. Secondo lei esiste una ricetta perché l’interno della Sardegna non si desertifichi?

Mi duole il cuore vedere l’abbandono delle nostre zone interne e, soprattutto, assistere allo spopolamento del mio paese natio, da sempre rinomato per l’intraprendenza della sua gente. È mortificante non poter far niente di fronte al pianto di tante famiglie disperate per la perdita del posto di lavoro o per la ricerca di una prima vera occupazione per i loro figli. Non sono né un sociologo, né un politico per poter offrire ricette, ammesso che in questo tempo di recessione siano anche loro capaci di darle. Ma un consiglio vorrei rivolgere ai miei conterranei: non attendano le soluzioni dall’alto e sprigionino le loro migliori energie per creare attività lavorative innovative e conformi alle potenzialità economiche dell’isola. Ai governanti una supplica: siano a loro volta innovatori e sostengano chi osa rischiare con la propria intelligenza e fantasia.

- Si parla a anche di una spending review della Chiesa e della scomparsa di alcune diocesi, anche nell’isola. Quanto c’è di vero?

In altre parole spending review significa sana amministrazione e trasparenza nonché sobrietà. Ma questo impegno deve essere una costante della Chiesa, memore che l'efficacia della sua missione non dipende dall’uso e ostentazione delle ricchezze, ma dalla fedeltà al Vangelo. Papa Francesco ce lo ricorda spesso. Quanto alla scomparsa di diocesi in Sardegna, per adesso non c’è niente di concreto. Se soppressione vi sarà essa dovrà essere frutto di una ristrutturazione generale delle varie circoscrizioni ecclesiastiche esistenti. Questo è stato finora l’orientamento della Conferenza Episcopale Italiana.

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