La Nuova Sardegna

Moria di fenicotteri a Fiume Santo, spunta il “killer” botulino

di Gianni Bazzoni
Moria di fenicotteri a Fiume Santo, spunta il “killer” botulino

In attesa dei risultati degli esami tossicologici si ipotizza che gli uccelli stiano morendo per colpa di un batterio

17 agosto 2014
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SASSARI. Alcuni residenti tra le roulotte immerse nel verde, a poche decine di metri dal mare di “Ezzi Mannu”, l’altro giorno ne hanno curato uno di fenicottero rosa. Barcollava, si spostava a fatica. L’hanno assistito come un figlio, poi l’hanno liberato, con la speranza che riesca a salvarsi. Nello stagno di Pilo - ormai da settimane - la situazione di emergenza ambientale ha seminato morte tra i fenicotteri che si fermato nella zona umida per riposarsi dopo i lunghi viaggi, ma c’è una sostanza killer che li sta uccidendo. Di cosa si tratta sui saprà con esattezza tra domani e martedì, quando saranno completati gli esami tossicologici sulle carcasse degli animali ma anche sull’acqua prelevata nello stagno.

Il fenomeno si era già presentato lo scorso anno - seppure con effetti meno gravi - e allora i veterinari ipotizzarono la presenza di una sostanza tossica sprigionata da piante che proliferano in condizioni “malate”, con un processo di eutrofizzazione favorito dal scarso apporto di acqua e da una insufficiente ossigenazione. Allora si parlò di un botulino: lo stesso che oggi sta mietendo vittime nella colonia di fenicotteri?

Sono uccelli sensibili, per alimentarsi filtrano l’acqua e trattengono i micro organismi, ma spesso non riescono a distinguere le insidie. Non sono in grado di distinguere le trappole mortali che in un ambiente naturale - tra l’altro soggetto a protezione - non ci dovrebbero essere.

Da altre parti, per esempio (come a Rovigo), i fenicotteri muoiono perché non distinguono i pallini di piombo dal plancton. La Forestale l’aveva scoperto raccogliendone a decine dalle acque del Po: le analisi confermarono che i fenicotteri rosa sanno filtrare dal fango (con il becco) alghe e molluschi, ma non i pallini dispersi dai cacciatori. Una volta ingeriti li avvelenano senza scampo. E anche nello stagno di Pilo c’è ancora chi si diverte a sparare alle specie che popolano la zona umida: uno dei fenicotteri morti - l’unico esemplare finora arrivato all’Istituto Zooprofilattico della Sardegna - aveva ferite da pallini sparati con un fucile, così anche questa è una ipotesi da valutare.

In attesa degli esami tossicologici sugli altri fenicotteri morti, la speranza è che si possa procedere presto con i lavori per l’apertura di un canale e fare entrare nello stagno acqua di mare, come aveva suggerito Alberto Fratus del Wwf di Sassari che da anni frequenta quegli ambienti.

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