Moria di fenicotteri a Fiume Santo, spunta il “killer” botulino
In attesa dei risultati degli esami tossicologici si ipotizza che gli uccelli stiano morendo per colpa di un batterio
SASSARI. Alcuni residenti tra le roulotte immerse nel verde, a poche decine di metri dal mare di “Ezzi Mannu”, l’altro giorno ne hanno curato uno di fenicottero rosa. Barcollava, si spostava a fatica. L’hanno assistito come un figlio, poi l’hanno liberato, con la speranza che riesca a salvarsi. Nello stagno di Pilo - ormai da settimane - la situazione di emergenza ambientale ha seminato morte tra i fenicotteri che si fermato nella zona umida per riposarsi dopo i lunghi viaggi, ma c’è una sostanza killer che li sta uccidendo. Di cosa si tratta sui saprà con esattezza tra domani e martedì, quando saranno completati gli esami tossicologici sulle carcasse degli animali ma anche sull’acqua prelevata nello stagno.
Il fenomeno si era già presentato lo scorso anno - seppure con effetti meno gravi - e allora i veterinari ipotizzarono la presenza di una sostanza tossica sprigionata da piante che proliferano in condizioni “malate”, con un processo di eutrofizzazione favorito dal scarso apporto di acqua e da una insufficiente ossigenazione. Allora si parlò di un botulino: lo stesso che oggi sta mietendo vittime nella colonia di fenicotteri?
Sono uccelli sensibili, per alimentarsi filtrano l’acqua e trattengono i micro organismi, ma spesso non riescono a distinguere le insidie. Non sono in grado di distinguere le trappole mortali che in un ambiente naturale - tra l’altro soggetto a protezione - non ci dovrebbero essere.
Da altre parti, per esempio (come a Rovigo), i fenicotteri muoiono perché non distinguono i pallini di piombo dal plancton. La Forestale l’aveva scoperto raccogliendone a decine dalle acque del Po: le analisi confermarono che i fenicotteri rosa sanno filtrare dal fango (con il becco) alghe e molluschi, ma non i pallini dispersi dai cacciatori. Una volta ingeriti li avvelenano senza scampo. E anche nello stagno di Pilo c’è ancora chi si diverte a sparare alle specie che popolano la zona umida: uno dei fenicotteri morti - l’unico esemplare finora arrivato all’Istituto Zooprofilattico della Sardegna - aveva ferite da pallini sparati con un fucile, così anche questa è una ipotesi da valutare.
In attesa degli esami tossicologici sugli altri fenicotteri morti, la speranza è che si possa procedere presto con i lavori per l’apertura di un canale e fare entrare nello stagno acqua di mare, come aveva suggerito Alberto Fratus del Wwf di Sassari che da anni frequenta quegli ambienti.
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