La Nuova Sardegna

letteratura

Addio allo scrittore Bachisio Zizi

di Natalino Piras
Addio allo scrittore Bachisio Zizi

Nato a Orune, aveva 89 anni. Ha raccontato la “gente del fare”

17 agosto 2014
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NUORO. Se n’è andato ieri a Cagliari, a 89 anni, Bachisio Zizi. L’ho incontrato diverse volte, quasi sempre in occasioni di letteratura. Lui che, così lo definì Michelangelo Pira, era uno di “letteratura alla macchia”: intesa come misconoscenza, non valorizzazione della sua opera da parte di circuiti letterari che fanno sistema. Eppure in Bachisio Zizi c'è tutto un Novecento letterario con ampi riverberi per il tempo che viene, il terzo millennio già avviato. I romanzi di Bachisio Zizi sono dentro la Sardegna come dimensione storica, antropologica, di etica economica, della gente, diceva lui, “del fare”. L'idea, il progetto, le mani come estensione della mente, i guazzabugli ma anche la sapienza dell'uomo sentimentale: che non si stacca dalle proprie appartenenze. Era un bambino di dieci anni quando iniziò a fare il tagliapietre a Cocorrovile, nella campagna di Orune. La cava di pietra come romanzo di formazione: imparare a usare le mani per esperire “Il filo della pietra”, uno dei suoi primi romanzi. “Marco e il banditismo” dice di quando Bakis ancora ragazzo emigrò con il padre a Carbonia allora Mussolinia, tra gli uomini neri della miniera. Da Carbonia al mulino Gallisay di Nuoro,"imballadore" di casse di spaghetti che poi doveva caricare in spalla, male difeso da uno straccio chiamato "sa bastina". Così dai 14 ai 16 anni. Tutte cose che segnano e che affinano le sensibilità dello scrittore quando, anni dopo dovrà affrontare il romanzo storico. “Il ponte di Marreri” ha come figura centrale la terribile figura del rettore SattaMusio e i suoi ruoli dentro le nostre guerre civili per le terre che da comunitarie passano a private.

“Erthole” è invece il romanzo di Alessio Biote e dei sui tormenti da intellettuale dentro una società di pastori. È un romanzo che trova poi riflessi e ritorni sia in “Cantore in malas” che nell'epistolario “Lettere da Orune”. Il canto della "gente del fare" steso dentro questa complessa sarditudine presenta altre due notevoli facce. Una è “Santi dicreta”, L'altro, “Il cammino spezzato”.

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