La Nuova Sardegna

Il festival e le sue radici Fresu, il ricordo del padre

Walter Porcedda
Il festival e le sue radici Fresu, il ricordo del padre

Grande serata con Mulatu Astatke e il trio Three Lower Colours

14 agosto 2014
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INVIATO A BERCHIDDA. E' poco più di un mese che Lillino Fresu se ne è andato, e questo è il primo festival senza di lui. Una presenza, la sua, sempre discreta e puntuale. Seduto là nella prima fila davanti al palco per condividere ogni attimo di Time in Jazz, nella sua piazza del Popolo. Un'immagine indimenticabile per gli aficionados della rassegna che si soffermavano a parlare con lui a fine concerto. Impossibile dimenticare l'arguzia fine e la battuta pronta, come la cortesia. E l'altra notte dal palco è proprio il figlio, Paolo Fresu a ricordarlo con poche e semplici parole. Parlando commosso di quell'uomo che «come altri di Berchidda, sos Mannos, hanno lavorato e indicato a chi veniva dopo la strada per crescere». Padri e figli. Uomini di Sardegna, come Lillino Fresu che hanno amato e amano la natura, la musica e la poesia. Anche di questi rapporti, intimi e familiari, vive e si nutre questo festival che con le proprie radici fa i conti giorno dopo giorno.

Ed è proprio un protagonista della cultura di Madre Africa, l'etiope Mulatu Astatke, che martedì in piazza del Popolo ha aperto il grande libro dell'incontro tra le radici di una musica ricca e immensa (in particolare quelle di una tribù, i Marashi, la cui musica è assai portata verso l'improvvisazione) e il jazz, in un set punteggiato di rimandi e citazioni al rigoglioso fiume della musica contemporanea. Mulatu Astatke, vibrafonista di raffinata tecnica non è solo un mago di fusion tra ritmi funk e soul, ma un verso organizzatore di suite dall'andamento ipnotico. Circondato da un pool di musicisti giovani e affidabili ha messo il pilota automatico della sua astronave che per certi versi sembra ricordare quella ideale di Sun Ra (e non è un caso che il festival di Sant'Anna Arresi lo avesse chiamato lo scorso anno, all'interno di un progetto proprio dedicato proprio al geniale musicista americano. Poi saltò all'ultimo per un problema di diritti) per vagare tra ritmi e suoni stellari accanto a blues dai colori psichedelici. Nella sua scaletta abbastanza discontinua (da “Tsome Digua” a “Dewell”, da “Yakermew Sew” a “Netsanett”, “Azmari”, “Motherland” sino a “Yekatit”) lascia abbondanti spazi ai soli dei giovani sidemen tra i quali primeggia la sezione fiati, Byron Wallen, tromba e James Arben, sax, eun vivace pianista come Alex Hawtkins.

Aperta alla contemporaneità è la musica del trio Three Lower Colours, cioè Marco Tamburini alla tromba, Stefano Onorati, piano e synth e Stefano Paolini alla batteria presentata ieri mattina a Telti in un prato verde circondato da attrezzi del lavoro contadino e tetti di canne. Un jazz che si confronta in modo originale con l'elettronica, l'unico a farlo in Italia. Oltre l'esperienza di gruppi guidati in Europa come lo scandinavo Molvaer o il francese Truffaz, il gruppo di Tamburini cucina un puzzle di suoni di immediata presa. Da un'iniziale fascinazione cinematica il set è diventato via via una torrida jam session tra elettro e acustico. Cuore del live è il drummer, sapiente selezionatore di groove (drum'n bass, tech house perfino 'elettroclash) un chimico preparatore di miscele ritmiche che offre sterminati orizzonti alla fertile capacità improvvisativa dei compagni. Da tenere d'occhio. Oggi sesta giornata, l'appuntamento (21,30) in piazza del Popolo è con il contrabbasista Dave Holland in trio con Kevin Eubanks, chitarra e Eric Hartland, batteria. Al mattino (ore 11) live di Andy Emler, piano e Laurent Dehors, sax , alla Cattedrale di Ozieri. Alle 18 a San Pietro di Tula il set della cantante Monica Demuru e il pianista Natalio Mangalavite. Alle 24 nel parco della Musica show della Banda “Wde Muro” con Fresu e Gianluca Petrella.

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