La Nuova Sardegna

Anci, sindaci in rivolta: basta con i tagli

di Umberto Aime
Anci, sindaci in rivolta: basta con i tagli

Sotto accusa il neocentralismo della giunta, giovedì maxi manifestazione ad Abbasanta di tutti gli amministratori

05 agosto 2014
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CAGLIARI. C’è un virus che in queste settimane purtroppo impazza da un capo all’altro dell’Italia: è il neo-centralismo. Altro che potere alle periferie, la gerarchia di comando istituzionale non molla, accentra.

Vuole farlo lo Stato con la Regione, che protesta, pare voglia fare lo stesso la Regione con i Comuni, che protestano. Giovedì, ad Abbasanta, con indosso la solennità della fascia tricolore, i sindaci sardi lanceranno l’ennesimo allarme: «Non siamo una controparte, come qualcuno crede, lo Stato e la Regione siamo anche noi, e dobbiamo essere ascoltati». Finora non è stato così. Su spazi finanziari, sono i soldi che gli Enti locali possono spendere realmente, e Fondo Unico, i trasferimenti alle amministrazioni comunali, «il confronto con la Giunta è stato ed è ancora molto difficile».

A denunciarlo insieme sono e saranno fra qualche giorno Pier Sandro Scano dell’Anci, l’associazione dei Comuni, Giuseppe Casti del Comitato delle Autonomie, Rodolfo Cancedda e Salvatore Sanna delle associazioni Enti locali, Asel, e Comuni-Regioni d’Europa. Aicre.

Il loro discorso è preciso, da ultimatum: «Se non saremo messi nelle condizioni di amministrare, abbiamo due sole possibilità. Aumentare le tasse ai cittadini, improponibile, o tagliare i servizi essenziali, impensabile». I sindaci non vogliono fare nè uno e neanche l’altro, ma se «la Giunta continuerà a non ascoltarci, com’è accaduto anche di recente, da qui a dicembre molti Comuni rischieranno la paralisi o peggio ancora di essere travolti dalla crisi economica e sociale». Perché in periferia la tensione è molto più forte che in città. Si sa: sono proprio i sindaci dei Comuni medio-piccoli a essere in frontiera, ogni giorno, a non saper più come fermare, basterebbe frenare, la povertà che avanza e travolge. «La situazione è diventa insostenibile», questo diranno ad Abbasanta, per rivendicare che la capacità di spesa complessiva dei Comuni ritorni a essere quella del 2013, e per questo il vincolo imposto dal Patto di stabilità dovrà scendere da 175 milioni (sono soldi che hanno in cassa ma non possono essere utilizzati) a 75 milioni». Per ottenere il via libera, sarebbe bastato presentare a marzo (cioè proprio nei giorni del passaggio di consegne da Cappellacci a Pigliaru) una richiesta allo Stato: nessuno ci ha pensato e l’asticella del Patto è rimasta com’era, alta e inviolabile. Sempre ad Abbasanta i sindaci chiederanno anche questo: «Buona parte del bonus di 322 milioni in arrivo da Roma per il 2014, dovrà essere utilizzato per compensare i tagli subiti finora dal Fondo Unico». In un anno, la riduzione è stata intorno ai 55 milioni, che poi sono le accise che spetterebbero di diritto ai Comuni. Prima erano pagate a parte, ora sono finite nel calderone dei 580 milioni di trasferimenti che la Regione gira in un anno e in tutto ai Comuni, anche se finora ha pagato solo poco più del 50 per cento. Insomma, un altro gioco delle tre carte in cui le amministrazioni locali ci hanno rimesso ancora una volta e quindi – è stato l’amaro commento dell’Anci – «come sempre a pagare pegno saranno i cittadini». Pier Sandro Scano è stato ancora più chiaro: «Le nostre non sono pretese, ma proposte. Ma le proposte si presentano a un tavolo di confronto, mentre oggi la Giunta pare si consideri al di sopra dei Comuni ed è un grave errore». Rimediare allo strafalcione si può: «Capiamo bene che la coperta finanziaria è corta, eppure basterebbe aver voglia di monitorare insieme e prima la realtà, e poi co-programmare per capire, ripeto capire assieme, le esigenze delle amministrazioni locali e quali emergenze devono essere risolte in fretta».

Ad Abbasanta questo chiederanno i sindaci: «Vogliamo essere ascoltati». All’assemblea di giovedì hanno invitato il governatore Francesco Pigliaru e la Giunta, per riprendere il dialogo, perché «noi non siamo contro la Regione, ma certo la Regione non può essere contro i sindaci». A meno che il virus del neocentralismo non abbia contaminato anche la Sardegna.

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