La Nuova Sardegna

Il re del Billionaire: «Perché la Sardegna non mi piace più»

di Enrico Gaviano
Il re del Billionaire: «Perché la Sardegna non mi piace più»

INTERVISTA. Il “Briatore pensiero”, dal turismo per vip a Massimo Cellino

04 agosto 2014
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PORTO CERVO. Bocciato da suo padre all’esame di quinta elementare, Flavio Briatore si è rifatto ampiamente. Il suo nome viene accostato subito a notte, lusso, divertimento. Sinonimo, sopratutto, di Billionaire. Ed è proprio per le sue indiscusse capacità imprenditoriali che un paio di mesi fa è stato invitato alla Bocconi a tenere una conferenza. Sala strapiena, e altre migliaia di studenti in streaming. E’ stato, manco a dirlo, un successo per il manager, applaudito a scena aperta dagli universitari a cui ha consigliato: «Lasciate perdere le start-up, una su mille ce la fa. Per il resto è una fregatura. Meglio puntare su una iniziativa più semplice, magari un ristorante, una pizzeria. Se quella va male, ti resta almeno la pizza da mangiare».

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Briatore, altro che F1 e Renault. Tutto per lei è iniziato davvero con il Billionaire...

«Venivo in Sardegna sin da ragazzino. Allora, con gli amici, senza soldi, si andava in sacco a pelo. Poi da manager di successo, ho continuato a frequentarla. Ma non c’era un locale che mi piacesse. Così il club me lo sono fatto io».

Era il 1998. Da allora molto è cambiato.

«Sì. E purtroppo la Sardegna non è più quella lì. O perlomeni non ci viene più la gente che veniva allora. Le cause sono tante. Ne ho parlato molte volte, ma il tutto continua a farmi incavolare parecchio».

La crisi economica forse è il fattore determinante. Gli italiani sono spariti dalla Sardegna.

«Storie. Gli italiani ci sono da altre parti, in Grecia, a Ibiza. E non solo i giovani, ma anche i cosidetti vip, la gente importante, che ha i quattrini. E’ che qui non si diverte più, i prezzi sono saliti alle stelle senza essere seguiti dalla qualità dei servizi».

Cosa manca, ad esempio?

«Per stare alla Costa Smeralda, mancano intanto le alternative. E questa estate bizzarra ne dà subito la prova. Un giorno di vento e di pioggia, e scompare l’unica cosa che si può fare: andare in spiaggia. A soffrire sono soprattutto i bambini: non ci sono parchi giochi, divertimenti, aquafan. Occorre lavorare molto in questa direzione, se si vogliono recuperare posizioni».

Ma il suo Billionaire funziona sempre alla grande.

«Non ci possiamo lamentare. Il punto è che non ci si deve mai cullare sugli allori. Preparare con puntiglio l’attività, studiare, scegliere le persone adatte. Noi, qui, abbiamo la stragrande maggioranza di personale impiegato che è sarda: 120 su 150. Una garanzia. Peccato che, per tornare alle note dolenti, tanti sardi capaci devono andarsene dall’isola perché non c’è lavoro».

Negli ultimi anni ha minacciato più volte di voler chiudere il Billionaire. Operazione di marketing, o che cosa?

«No, una provocazione. Ma per me il Billionaire è un hobby, mi diverto. Sin che sarà cosi, andrò avanti. Il marchio lo abbiamo consolidato con la cessione delle quote maggioritarie al fondo di Singapore».

Il suo club piace molto ai russi, agli arabi, alla gente che conta. Si organizzano feste straordinarie, a cominciare da quelle leggendarie del gioielliere svizzero Fawaz Gruosi.

«Ovviamente sono felice di tutto questo. Significa intanto che qui la gente si diverte parecchio. Fawaz è un amico, ed è diventato anche socio acquistando una quota del nostro ristorante a Montecarlo».

Prezzi alle stelle, però, al Billionaire. Uno champagne 45mila euro...

«Dipende sempre da quello che si ordina. Però voglio dire che al ristorante o ai bar della discoteca, i prezzi sono rimasti invariati, da dieci anni. Sfido chiunque a smentirmi. Abbiamo allargato l’offerta, aggiungendo ai ristoranti Cipriani e Nove anche il giapponese Wikj, locale chic di Milano. Nulla deve essere lasciato al caso. Molte cose in Italia e in Sardegna non funzionano proprio perché manca la programmazione. Potremmo vivere di turismo, invece...»

Già, invece?

«Dico che si sono fatti tanti errori e se ne continuano a fare. In Sardegna c’è il monopolio nei trasporti: via mare c’è un cartello, via aereo un altro. Scopri che in Sardegna arrivano nove compagnie aeree e a Ibiza 45. C’è qualcosa di storto. Come c’è qualcos’altro di strano a pensare che in Germania arrivano meno turisti che in Italia ma loro incassano molto di più. Sarà perché la qualità dei servizi è migliore?»

Ecco, la Germania. Ci sta superando anche nello sport, la Formula 1, il calcio...

«Se è per quello, stanno per superarci anche nella cucina. Sulla Formula uno però una cosa vorrei dirla: non è più lo sport di una volta. Non piace più a me, ma ha perso tanti appassionati. Regole assurde ne impediscono la spettacolarità. A Hockenheim, circuito tedesco, l’ultima volta c’erano un sacco di posti liberi».

E il calcio?

«L’organizzazione dei tedeschi è proverbiale. Hanno vinto il mondiale con merito».

A proposito, lei ha avuto una squadra di calcio in Inghilterra, il Qpr, ma poi ha mollato. Che consigli vuol dare a Massimo Cellino?

«Pochi. Massimo è un amico, l’ho sentito anche da poco. Intanto a Cagliari dovrebbero ringraziarlo, visto che ha saputo tenere la squadra in serie A per tanti anni. Dimostrando che ci sa fare. La realtà inglese è più dura. Io ho portato il Qpr dalla B alla A. Quello che vuol fare lui con il Leeds. Spero ce la faccia».

Intanto lei, Briatore, continua anche a fare la star in tv.

«“The Apprentice” funziona alla grande. E i vincitori delle due edizioni li ho presi con me, perché sono in gamba».

Star televisiva anche grazie alle imitazioni di Crozza.

«Mi diverte molto. E poi, sa? Mi imita lui, il più famoso, non un attoruccolo di quarta categoria. Significa pure qualcosa...»

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