La Nuova Sardegna

Il festival di Martis

Un mondo senza petrolio Oggi al via “Life after oil”

di Anna Sanna
Un mondo senza petrolio Oggi al via “Life after oil”

MARTIS. Un mondo senza petrolio, prima o poi, sarà realtà. L’oro nero sta per esaurirsi, e il pianeta è ormai in sofferenza per i danni all’ambiente dovuti all’estrazione e all’utilizzo di...

01 agosto 2014
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MARTIS. Un mondo senza petrolio, prima o poi, sarà realtà. L’oro nero sta per esaurirsi, e il pianeta è ormai in sofferenza per i danni all’ambiente dovuti all’estrazione e all’utilizzo di combustibili fossili. Parte da qui “Life after Oil”, il premio ideato da Massimiliano Mazzotta – regista di “Oil”, docu-inchiesta di denucia sulla Saras – per valorizzare registi e pellicole che raccontano le tante vie alternative al petrolio. La manifestazione, parte del IX Sardinian Film Festival, apre oggi a Martis con 19 film in concorso per tre giorni di proiezioni, fino a domenica. L’ingugurazione sarà alle 21 in piazza San Giovanni (nelle cartine piazza Regina Elena).

Tra i film in concorso che oggi aprono la rassegna, anche “Terra Nera” di Simone Ciani e Danilo Licciardello. Un viaggio tra le popolazioni del Congo e del Canada in lotta per difendere la loro terra da multinazionali come Eni e Shell alla caccia di idrocarburi.«Due anni fa siamo andati nella Repubblica Democratica del Congo per girare un documentario sull’accapparamento delle terre a danno degli abitanti, e abbiamo scoperto che l’Eni nel 2008 ha fatto un accordo con il governo congolese per l’estrazione di sabbie bituminose da cui si ricava il petrolio – spiega Simone Ciani – Qui non se ne sapeva quasi nulla. Abbiamo scoperto che la popolazione locale non era al corrente di questo progetto, se ne è resa conto quando sono arrivate le ruspe per aprire la foresta, abbiamo intervistato persone finite in carcere semplicemente perché hanno chiesto al governo di pubblicare i dati dell’accordo con l’Eni».

L’Eni in Congo è presente dagli anni Sessanta, estrae il petrolio con i metodi tradizionali; anche i cinesi hanno creato delle infrastrutture: «Gli abitanti vedono passare camion e camion, ma loro non hanno nulla – continua Ciani –. Il 70 per cento della popolazione vive totto la soglia di povertà». Per fare un barile di petrolio dalle sabbie bituminose ci vogliono dai 5 ai 6 barili d’acqua. In Congo il progetto è ancora alla fase di ricerca, ma cosa succede quando inizia davvero la lavorazione? Per scoprirlo, Ciani e Licciardello si sono spostati in Canada dove l’estrazione di petrolio da sabbie bituminose è già una realtà da più di 30 anni. A Fort McMurray, nel nord dell’Alberta, dove si trovano le ex riserve dei nativi americani, operano una ventina di compagnie. La principale è la Shell. “Terra nera” dà la parola ai nativi, per capire quali sono le conseguenze su ambiente, persone e animali: «Le popolazioni locali vivevano di pesca e caccia. Ora non possono più pescare perché hanno avvelenato l’acqua, c’è un’altissima incidenza di tumori, leucemie, malattie alimentari che loro non conoscevano – conclude Ciani – Ora i nativi stanno cercando, anche con appoggi internazionali, di fare causa alla Shell».

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