La Nuova Sardegna

L’opera vista attraverso i Google Glass

di Gabriele Balloi

CAGLIARI. Vedere con gli occhi degli altri. Chi non ha mai provato a immaginarlo? Domandarsi come appaia il mondo da una prospettiva che non sia la propria. O accedere, magari, ad un punto di...

01 agosto 2014
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CAGLIARI. Vedere con gli occhi degli altri. Chi non ha mai provato a immaginarlo? Domandarsi come appaia il mondo da una prospettiva che non sia la propria. O accedere, magari, ad un punto di osservazione normalmente non esperibile. Ma ecco la realtà, una volta ancora, venirci incontro superando la fantasia. Come è accaduto mercoledì, al Teatro Lirico di Cagliari, quando per la prima volta al mondo sono stati adoperati i Google Glass durante la rappresentazione di un’opera lirica. La «Turandot» di Puccini, nella fattispecie, apprezzata e originale produzione del Lirico, con la regia di Pier Francesco Maestrini e le visionarie scenografie di Pinuccio Sciola.

Il primato del Lirico ha richiamato l’attenzione della stampa nazionale e internazionale (ne hanno scritto New York Times e The Guardian), nonché l’approvazione della stessa Google. Il progetto nasce all’interno del MediaLab, altro primato della fondazione lirica cagliaritana: la prima e forse unica, finora, ad aver costituito un proprio “laboratorio” di ricerca, nel quale promuovere la cooperazione fra imprese tecnologiche, università, start-up creative, singoli artisti e professionisti della comunicazione. “Semestene”, l’applicazione apposita per quest’inedito esperimento, è frutto del comune lavoro tra Tsc Lab (Google Enterprise Partner) e il team di ricerca e sviluppo del Lirico guidato da Nicola Fioravanti. I Google Glass, indossati dai vari artefici dello spettacolo – maestri d’orchestra, cantanti solisti, coristi, figuranti, tecnici, truccatori, macchinisti ecc. – permettono di diffondere in diretta o in differita, attraverso i maggiori social network (come Facebook o Twitter), foto e filmati di ciò che avviene sul palco, dietro le quinte, nella buca d’orchestra, consentendo così un punto di vista d’eccezione che, come nell’inquadratura cinematografica detta “soggettiva”, può calarci perfettamente nei panni dei protagonisti. Insomma, d’ora in poi tutti potremo provare, almeno in parte, l’emozione di stare sul palco davanti alla platea, nonché comprendere meglio la complessità di tutto il lavoro che avviene dietro e durante la realizzazione d’una messinscena. Fioravanti stesso, dopotutto, ha spiegato come il progetto sia nato dall’idea di restituire all’opera una dimensione “popolare”, portandola nelle case e ovunque attraverso il web.

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