La Nuova Sardegna

tesori archeologici

di Claudio Zoccheddu

CABRAS. Due teste, due anime, due modi di vedere le cose. Quello che prima sembrava un rapporto difficile si sta invece trasformando in un vero e proprio caso diplomatico. La relazione tra la...

26 luglio 2014
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CABRAS. Due teste, due anime, due modi di vedere le cose. Quello che prima sembrava un rapporto difficile si sta invece trasformando in un vero e proprio caso diplomatico. La relazione tra la soprintendenza ai beni archeologici e le università sarde è ai minimi storici. Lo scenario in cui gli screzi sono venuti alla luce è anche quello più in vista degli ultimi anni: gli scavi sulla collina di Mont’e Prama.

Proprio dalle pendici dei piccoli rilievi del Sinis arrivano i segnali di una crisi che non poteva sfuggire agli osservatori. E non sarebbe potuto essere altrimenti. Tanti piccoli indizi, in questo caso, potrebbero fare la prova di una convivenza che sembra si trascini sul filo del rasoio. A Mont’e Prama, insomma, la tranquillità non è di casa. Nonostante la consegna del silenzio che dovrebbe coprire tutti i ritrovamenti, ad esempio, le soffiate arrivano puntuali.

Anche l’assenza dei responsabili delle due università sarde durante il sopralluogo a Mont’e Prama del sottosegretario alla Cultura è stata stigmatizzata nei giorni successivi all’appuntamento. Poi, c’è il discorso dei finanziamenti. Secondo la soprintendenza, dopo le parole di Francesca Barracciu, i 250mila euro di fondi Arcus sarebbero netti, mai intaccati e pronti a essere spesi per intero. Secondo le università, invece, i fondi sarebbero già stati utilizzati per pagare, ad esempio, i trasferimenti dei giganti dal centro di restauro di Li Punti alle sedi delle esposizioni temporanee di Cagliari e Cabras. I diretti interessati, però, smentiscono le indiscrezioni. Perlomeno pubblicamente. D’altra parte, immaginare un faccia a faccia in un momento in cui il sito inizia a restituire reperti di valore inestimabile è un esercizio abbastanza complesso. «Le fughe di notizie non fanno bene al sito - ha detto ieri Alessandro Usai, archeologo della soprintendenza - ma non siamo noi i responsabili. In futuro cercheremo di risolvere questo problema. Per quanto riguarda quello che è successo durante la visita del sottosegretario Barracciu dico che si è trattato di un appuntamento organizzato dal ministero e cui le università hanno partecipato perché c’era il professor Aymerich». Gli screzi, secondo Usai, sarebbero solo «scambi di opinioni conditi da qualche cambio di rotta in corso d’opera. Tutte cose normali quando si lavora fianco a fianco e si deve far i conti con la foga che, purtroppo, aiuta a commettere qualche errore». Anche la direttrice del Consorzio Uno, che gestisce l’università di Oristano e coordina gli scavi di Mont’e Prama, prova a dribblare le polemiche: «Questo è un momento delicato e i mal di pancia devono essere curati in privato - ha detto Pupa Tarantini - dico solo che i ragazzi dell’università, e i loro coordinatori, stanno svolgendo un lavoro encomiabile nonostante siano spesso dimenticati e tenuti in disparte».

Spezzate in numerosi frammenti, le prime statue erano trovate nel marzo del 1974. Dopo quattro campagne di scavo effettuate fra il 1975 e il 1979, i 5.178 frammenti rinvenuti – tra i quali 15 teste, 27 busti, 176 frammenti di braccia, 143 frammenti di gambe, 784 frammenti di scudo – vennero custoditi nei magazzini del Museo archeologico nazionale di Cagliari per trent'anni prima del restauro a Sassari.

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