La chiave del mistero potrebbe essere nella “disamistade”
Circa un secolo fa svanirono nel nulla tre adolescenti legati alle famiglie coinvolte nella sanguinosa faida
di Piero Mannironi
Orgosolo è un paese che ha nel suo cuore abissi profondi. Storie di odio buio e freddo e di morte custodite nei recessi più remoti della memoria del paese. Storie fatte di violenza e di silenzi pesanti come sudari. La grande “disamistade”, la guerra familiare che nei primi anni del Novecento fece decine di morti è un affresco cupo che rappresenta un tempo, ma rappresenta anche il cuore di tenebra di tutta la Barbagia. E anche dopo quella terribile faida Orgosolo ha continuato ad essere attraversata da molte ombre. I delitti, per esempio. Gli omicidi sono continuati con una cadenza più lenta rispetto agli anni della “disamistade” e anche a molti altri paesi della Barbagia profonda, ma ad Orgosolo – e questa è una sua caratteristica – quasi mai si è arrivati a identificare gli assassini. Anche in anni recenti alcuni omicidi eccellenti, come quello di don Graziano Muntoni o quello del poeta e sindacalista Peppino Marotto, sono rimasti senza un colpevole e senza una spiegazione. A Orgosolo, paese di grandi intelligenze e di logiche segrete, sembra esistano invisibili camere di compensazione. Una capacità straordinaria di interpretare e di metabolizzare gli eventi, assorbendone gli effetti tragici. E poi, un’incredibile attitudine a vivere le contraddizioni. Gonario Carta, fuorilegge carismatico degli anni Settanta, ne è stata un’incarnazione: bandito, ma colto; latitante ma impegnato politicamente (quando cadde in un conflitto a fuoco gli trovarono in tasca la tessera del Partico comunista) e uomo capace di scrivere riflessioni profonde, commoventi e perfino poetiche sulla sua condizione esistenziale.
Le storie giudiziarie, poi, hanno dato un ruolo centrale al paese nell'universo sotterraneo dei sequestri di persona. E forse proprio per questo motivo la scoperta nell'aprile scorso di tre scheletri in una grotta del Supramonte ha evocato fantasmi che ancora oggi fanno sanguinare le ferite dei ricordi. Si è infatti subito pensato che si trattasse dei resti di sequestrati morti durante la loro prigionia infame e poi abbandonati in un anfratto.
Dopo alcuni giorni, ecco il ritrovamento di altre ossa umane sempre in quella zona del Rio Flumineddu, dominata dal candido Nuraghe Mereu. Difficile pensare, dunque a un cimitero dei sequestrati, anche se i fori trovati in alcuni crani possono far pensare a una morte violenta. Saranno le prove tecniche di datazione a fornire le prime risposte, ma fino ad allora il giallo resta tutto. Prima di tutto perché, da una valutazione approssimativa, sembra che i primi tre scheletri trovati risalgano a circa un secolo fa. E qui entrano in campo due ricercatrici, Anna Segreti Tilocca e Silvia De Franceschi. Quasi due detective degli archivi. Per anni hanno visionato e studiato fascicoli e documenti ormai coperti dalla polvere del tempo, resuscitando storie dimenticate e rileggendo eventi lontani. Alcuni drammatici, altri semplicemente curiosi. Un esperienza che si è già tradotta in libri documentatissimi come “Orgosolo 1905-1917. La grande disamistade” e “La vera storia di Paska Devaddis”.
Sono state loro, dopo la sommaria datazione data ai primi tre scheletri, a studiare il caso e verificare chi scomparve a Orgosolo circa un secolo fa. E frugando negli archivi hanno trovato una traccia che potrebbe essere importante ai fini delle indagini della Procura di Nuoro. Episodi dei quali si era persa la memoria e che potrebbero fornire qualche risposta al giallo della grotta del Supramonte. Scavando negli anni roventi della disamistade hanno infatti scoperto che tra il 1910 e il 1913 scomparvero da Orgosolo tre ragazzi. Tutti e tre legati da un filo fatale: appartenevano a famiglie coinvolte nella faida che stava dilaniando il paese: Giuseppino Aru, Nicolò Pisanu e Pasquale Succu. Di loro non si seppe mai nulla, inghiottiti da quel vortice di odio che stava consumando il paese. I loro resti non sono mai stati trovati. Orgosolo, con il suo linguaggio allusivo e criptico, provò a interpretare quelle sparizioni. Ora quelle ossa trovate vicino Rio Flumineddu potrebbero finalmente riaprire questa vecchia storia.