La Nuova Sardegna

«Le differenze culturali, il sale di un mondo nuovo»

di Roberta Sanna

Parla lo scrittore e regista Mohamed Ba, questa sera a “La notte dei poeti” In scena sul palco di Nora “Il tempo è dalla mia parte”, con Marco Ravasio

18 luglio 2014
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NORA. «Non uccidete le differenze culturali». È il grido finale del protagonista del romanzo “Il tempo è dalla mia parte” che Mohamed Ba, scrittore, attore e regista di Dakar propone in forma di spettacolo oggi in prima nazionale alle 20 al Teatro Romano, con Marco Ravasio al violoncello. «È una sfida a un mondo talmente spinto dall’etno-centrismo da non vedere valori arricchenti negli altri. Il protagonista lascia la sua terra di origine alla ricerca di se stesso e trova risposta confrontandosi con chi è diverso», spiega Mohamed Ba, che nel romanzo ha inserito elementi della sua biografia e del viaggio verso la Francia, legata al Senegal dal “legame morganatico” della colonizzazione. Ma lì nulla era ciò che sembrava, così va in Italia.

Cosa succede In Italia al protagonista?

«Impara a riconoscere il valore dell’arte. Un uomo senza cultura è come una zebra senza strisce. Il baobab, simbolo del suo paese, lo ritrova nelle cattedrali. Viaggia fino a Lampedusa, dove dal fondo del mare arrivano voci in risposta alle sue domande. Decide di usare la sua esperienza di contatto con la cultura europea e cristiana per riscrivere un decalogo della convivenza, più o meno una riscrittura dei 10 comandamenti, ma basata sulla interculturalità: non nominare la nazionalità altrui invano; onora la memoria della tua città; non uccidere le differenze culturali».

E in che senso oggi può dire “Il tempo è dalla mia parte”?

«I primi migranti a scrivere sono stati negli anni ’90.Gli italiani hanno avuto abbastanza tempo per maturare il confronto. Quindi non ho dovuto più spiegare certi termini in corsivo. E poi il tempo giusto c’è sempre stato, basta ricordarsi cosa hanno vissuto i nonni. Partiti da Reggio Calabria e finire incatenati al montaggio Fiat per 40 anni a Torino, caricati sulle navi fra Genova e Rio per finire nelle piantagioni di caffè, o minatori in Belgio. Il fenomeno migratorio è ciclico, capita a tutti i popoli. Solo che se una memoria non trova cittadinanza nella quotidianità, si è condannati a ripetere gli stessi errori».

Come opera come mediatore culturale?

«Nelle scuole cerco di ricordare quel patrimonio storico attraverso canzoni, filastrocche, racconti, in modo che i bambini si rendano conto di essere il risultato del sacrificio di tanti. Quando uno sceglie di investire in arte e cultura cerca di accrescere il suo pensiero per acquisire consapevolezza, etica. Valori non incisi in un pezzo di carta ma che l’uomo si porta appresso attraverso una lettura molto profonda di sé e del bene comune».

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