La Nuova Sardegna

La notte dei poeti

L’amore secondo Shakespeare

di Marco Vitali
L’amore secondo Shakespeare

Al teatro di Nora il tributo di Giancarlo Giannini e Giovanni Bellucci

14 luglio 2014
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NORA. Dialogo tra gli amanti per un finale che s'illumina alla passione tenera e struggente di "Romeo e Giulietta", con le parole dette e sussurrate da Giancarlo Giannini, nell'inatteso bis che chiude in bellezza, sulle note di Prokofiev suonate al piano da Giovanni Bellucci, la serata inaugurale del XXXII festival "La notte dei poeti" del Cedac al Teatro romano di Nora. “Sogno di una notte di mezza estate” nel 450° anniversario della nascita del Bardo, con suggestivi intrecci di musica e poesia è iniziato l’altra sera al tramonto ed è terminato alla luce della luna.

Si parte da una "Gailliard" di William Byrd - contemporaneo di Shakespeare – quasi a evocare la temperie culturale del Rinascimento inglese; da quel ritmo di danza nasce il canto consolatorio dell'ancella della regina (nell'Enrico VIII), e subito segue l'Elegia n.4 “Turandots Frauengemacht” di Ferruccio Busoni, da cui affiorail tema di “Greenleeves” (secondo una leggenda, composto dal re per la futura sposa Anna Bolena).

Il giocoso e raffinato "contrappunto" tra parole e note prosegue, tra la Sonata n 17 di Beethoven, “La Tempesta” e l'omonima pièce shakespeariana, con un istrionico Giannini nei panni del ribelle e sensuale Calibano e poi di Ariel, eterno fanciullo,ora Prospero, signore della magia e alter ego del poeta. Una luna splendente illumina "in una notte come questa" l'incontro tra i giovani innamorati davanti alla casa di Shylock, nel “Mercante di Venezia”, cui fa pendant il “Souvenir de Paganini” di Chopin, con le Variazioni sul Carnevale.

La cavalcata tra commedie e tragedie prosegue tra il soliloquio di Amleto, “Essere o non essere” (e affiora la stessa vena malinconica di un Notturno di Chopin); e i cupi pensieri di Jago, l'odio e la gelosia per il Moro (ed ecco Liszt con “Nessun maggior dolore”). Tormenti del cuore in un Sonetto e acrobazie sulla tastiera con uno “Scherzo” di Charles-Valentin Alkan, pianista "funambolico" nella Parigi ottocentesca.

Finale - quasi d'obbligo - dedicato al "Sogno": Giancarlo Giannini indossa ancora una volta i panni di Puck, folletto al servizio di Oberon (il cui arrivo s'annuncia con la Marcia Nuziale di Mendelssohn, trascritta da Liszt),e infine il congedo, con le battute finali di quel birichino che ricorda agli spettatori la meraviglia della finzione, quelli cui hanno assistito sono solo "sogni, o visioni". Nello sfogliare le pagine più celebri e amate di Shakespeare, in un intenso contrappunto con la musica scelta ed eseguita da Bellucci, Giannini si conferma attore eccellente, e versatile - con un forte legame con la Sardegna, dove "in un luogo che non dirò" ha pure una casa frequentata dalla famiglia da decenni.

La prima volta al Teatro romano di Nora culmina proprio con "Romeo e Giulietta" che aveva interpretato, anni fa, al Massimo di Cagliari (oltre che all'Old Vic di Londra) in una fortunata tournée durata ben tre anni. Qui Giannini è Mercuzio, e soprattutto i due giovani innamorati che si scambiano giuramenti impossibili sotto "l'incostante luna".

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