La Nuova Sardegna

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I detenuti: «Non chiudete il carcere, ci stiamo benissimo»

di Pier Luigi Piredda e Piero Marongiu
I detenuti: «Non chiudete il carcere, ci stiamo benissimo»

MACOMER. «Non chiudete questo carcere. In questa struttura penitenziaria stiamo bene, gran parte della popolazione detenuta usufruisce della sorveglianza dinamica. Veniamo seguiti bene e, soprattutto,...

12 luglio 2014
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MACOMER. «Non chiudete questo carcere. In questa struttura penitenziaria stiamo bene, gran parte della popolazione detenuta usufruisce della sorveglianza dinamica. Veniamo seguiti bene e, soprattutto, veniamo considerati come persone e non come se mplici numeri». I detenuti del carcere di Macomer hanno inviato una lettera al nostro giornale per cercare di riportare tra le priorità del ministro alla Giustizia, Andrea Orlando, un argomento scottante come l’imminente chiusura del penitenziari.

Una lettera scritta con grande garbo e indirizzata al ministro affinchè non faccia l’errore di ascoltare chi, quando si parla di carceri, elenca soltanto dei numeri, trascurando il fatto che dietro quei numeri ci sono uomini e donne che hanno sì sbagliato, ma che stanno pagando i loro errori e vogliono farlo con l’obiettivo di poter un giorno tornare alla vita come persone migliori.

«Facciamo appello alle autorità e, in particolare, al ministro Orlando affinchè revochi il decreto di chiusura di questo istituto che non è affatto fatiscente ed è anzi una struttura nuova e funzionale – hanno scritto i detenuti –. Qui stiamo bene. Usufruiamo della sorveglianza dinamica e quindi per 12 ore abbiamo i blinid (le porte in ferro, ndr) aperti e di coseguenza posiamo fare socialità. Non c’è sovraffollamento e molti usufruiscono di permessi premio e di lavoro all’esterno. La chiusura comporterebbe enormi disagi a noi e ai nostri familiari. Non neghiamo di avere risentito dei tagli economici che l’istituto ha subito – hanno continuato nella lettera – con una diminuzione di attività, stipendi e inserimenti lavorativi essenziali per il nostro mantenumento e reinserimento sociale. Ma ci siamo organizzati per superare le difficoltà. Questo carcere è piccolo ma proprio questo lo rende speciale, si può dire a conduzione familiare e proprio come in una famiglia i problemi vengono affrontati e risolti insieme allo staff educativo e al personale penitenziario. Chiediamo e crediamo in un mantenimento e potenziamento di questo istituto dove siamo seguiti bene e soprattutto considerati come persone e non come semplici numeri. Per questo – hanno concluso i detenuti di Macomer - speriamo in un ripensamento del ministro della Giustizia. Ci opponiamo alla chiusura e chiediamo l’aiuto e il sostegno di tutti in questa nostra lotta per salvare il carcere».

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