La Nuova Sardegna

Agricoltura, l’estremo Oriente minaccia il riso sardo

di Michela Cuccu
Agricoltura, l’estremo Oriente minaccia il riso sardo

Oristano, la denuncia degli agricoltori: con l’eliminazione dei dazi i prodotti asiatici si sono imposti sul mercato

11 luglio 2014
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ORISTANO. «L’Unione europea ha posto in serio pericolo la risicoltura italiana». Coldiretti ha scelto Oristano, dove si coltivano a risaia 3040 ettari dei 3500 di tutta la Sardegna, come tappa isolana di una manifestazione che si è tenuta in tutto il Paese. L’Italia, pur essendo il primo paese dell’Ue produttore di riso, con oltre il 50 per cento coltivato in cinque regioni, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Sardegna, sta soffrendo durissimi contraccolpi per la cancellazione dei dazi decisa dall’Europa nei confronti dei Paesi meno avanzati. «Il risultato è l’invasione del mercato europeo di riso di varietà “indica” già lavorato, in arrivo dall’estremo Oriente, a costi molto più bassi del prodotto italiano, ma senza alcuna garanzia anche dal punto di vista sanitario. Infatti, mentre la normativa sui fitofarmaci da noi è rigidissima, altrove questo non avviene». Parole di Elia Saba, direttore regionale di Coldiretti che, assieme al presidente regionale, Battista Cualbu e al direttore provinciale Ermanno Mazzetti, ha illustrato il documento contenente la piattaforma rivendicativa a tutela del comparto che oggi consegneranno al governatore Francesco Pigliaru. L’anno scorso in Italia sono stati coltivati 216mila ettari a riso, con una riduzione dell’8 per cento rispetto al 2012. A livello nazionale la filiera, composta da 4100 aziende, assicura reddito a 10mila famiglie, con 109 risiere e 66 pilerie. Il valore al consumo del riso italiano è pari a un miliardo di euro. «In Sardegna il riso è una voce importante dell’economia, soprattutto in provincia di Oristano – ha aggiunto Cualbu –, una produzione non enorme in termini di quantità ma altissima per qualità. Non è un caso, infatti, che il riso sardo sia considerato fra i migliori al mondo. Eppure, il sistema di cancellazione dei dazi per le importazioni dai paesi meno avanzati si sta rivelando una forma di concorrenza sleale per le aziende locali». Di qui la richiesta di una strategia mirata per la salvaguardia del riso italiano e sardo, che parte dall’applicazione immediata della clausola di salvaguardia e tutela dei consumatori e dei prodotti europei; una nuova legge per la regolamentazione del prodotto interno; l’istituzione di una unica Borsa merci nazionali e un maggior ruolo da parte dell’Ente nazionale risi. Sulle importazioni è stato anche proposto di fissare un tetto massimo pari a 100mila tonnellate all’anno. La risicoltura sarda soffre poi di un gap rispetto anche al prodotto nazionale, legato all’assenza della continuità territoriale delle merci. Ieri, infine, i produttori di riso dell’Oristanese hanno denunciato come commercializzare nella Penisola il prodotto isolano costi 3 euro e 50 centesimi in più per ogni quintale.

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