La Nuova Sardegna

Muore Rita Denza, lutto nel mondo della cucina

di Pasquale Porcu
Muore Rita Denza, lutto nel mondo della cucina

Un monumento alle tradizioni e al migliore artigianato agroalimentare sardo

06 luglio 2014
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OLBIA. Rita Denza è morta due volte, quando ha dovuto chiudere il suo ristorante e poi, fisicamente, ieri in ospedale. E se la morte fisica di questa splendido angelo della cucina era materia per medici, della seconda (fatte salve inevitabili errori umani), la fine del ristorante dell’hotel Gallura, ha responsabilità “politiche”. Non si può, infatti, far morire e disperdere l’immenso patrimonio culturale di una istituzione come quella che Rita aveva ereditato dal padre e il padre da suo padre. Bisognava agire per tempo per fare in modo che quella lezione e quella banca dati sulla storia dell’alimentazione sarda degli ultimi ottanta anni venisse dispersa.

Come? Creando una istituzione, un ente, una scuola che quel patrimonio fosse in grado di raccogliere e valorizzare. È triste destino di cuochi e cucinieri quello di non essere adeguatamente ricordati. E salvo Auguste Escoffier (inventore dell’hotellerie con Charles Ritz) al quale il suo paese natale ha dedicato una statua a Villeneuve Loubet, nel sud della Francia, raramente agli chef vengono riservati gli onori che spettano a santi, poeti e navigatori.

E invece amministratori locali e regionali, istituzioni (dall’Università agli istituti alberghieri, all’Accademia italiana della Cucina ) dovrebbero ricordare nel modo migliore Rita cercando lo strumento adeguato che ne raccolga l’eredità. Rita Denza, infatti, è stata la prima e la più importante figura che ha saputo coniugare la ricchezza del patrimonio gastronomico sardo con le più alte espressioni del turismo. Ha fatto apprezzare, insieme al suo compagno di vita Arnaldo, le cozze di Olbia o il pecorino di Pattada e il Vermentino di Gallura a principi e ministri, attrici e capitani d’industria

Donna di una passione e una competenza pari solo alla sua immensa umanità, Rita è stata anche la più importante figura di comunicazione della ristorazione sarda degli ultimi 40 anni, diventando un riferimento prezioso per la cultura del cibo della nostra regione. Chiunque si sedesse a mangiare al Gallura si sentiva a suo agio. Quanti ristoratori possono vantare un simile talento? Un pranzo da Rita non era mai banale. Da lei non mangiavi il porcetto, mangiavi il porcetto di Molara, i caprini di Bonorva o gli amaretti di Borore. Dietro ogni proposta c’era una ricerca umile e appassionata.

Rita, insomma, è stata sempre una formidabile detective della migliore materia prima del territorio. Anzi, è stata lei, forse prima di molti altri, che è riuscita a incarnare la perfetta sintesi delle 3 T, "Territorio, tradizione e tecnica" che sono alla base della nuova filosofia del cibo. Quella predicata dalla Accademia Italiana della Cucina e da Slow Food ("Buono, pulito e giusto").

Pensate a che cosa sarebbe oggi il turismo o la nostra economia se gli altri ristoranti sardi avessero imitato la donna che animava (lo diceva Luigi Veronelli) il locale migliore del mondo.

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