La Nuova Sardegna

Le famiglie e la crisi, alla Sardegna il primato dei «mammoni»

Le famiglie e la crisi, alla Sardegna il primato dei «mammoni»

La mancanza di lavoro costringe i giovani a restare in casa con i genitori. E in 147mila vivono sotto il livello di povertà

27 giugno 2014
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CAGLIARI. La Sardegna è prima in Italia per la più alta percentuale di giovani in cerca di lavoro che non lasciano il tetto dei genitori. Un primato che evidenzia una crisi del mercato del lavoro sempre più pressante. Il dato sull’isola è emerso ieri a Cagliari durante il seminario della Cisl, “Famiglia nel crocevia del malessere economico”. In realtà i giovani “mammoni” tra i 20 e i 29 anni, spesso costretti a questa situazione dalla mancanza di un’occupazione, sono più numerosi in Lombardia, ma l’isola vanta la percentuale più alta, il 21,8 per cento, secondo un’elaborazione del 2012 di “Italia Lavoro”. Seguono la Sicilia, la Calabria e la Campania.

Nel corso del 2013 il numero degli occupati in Sardegna è diminuito del 7,3% e i disoccupati con precedenti esperienze di lavoro sono aumentati dell'11,3. Pertanto, la famiglia cerca disperatamente di reggere l'urto dei cambiamenti sociali, culturali, educativi e chiede aiuto allo Stato e alla Regione. La Cisl sarda sollecita addirittura un assessorato della famiglia per coordinare norme e provvedimenti trasversali a tutta l'amministrazione regionale oggi frammentati in numerosi rivoli. «Fare presto» è l'appello lanciato dalla chiesa,dal mondo universitario, dal forum delle associazioni familiari. Aspettare ancora è un lusso non consentito a una regione all'ultimo posto nella classifica delle nascite: 1,14 figli per donna contro la media nazionale di 1,38. Tra meno di quarant'anni ogni lavoratore sardo dovrà farsi carico di un pensionato. «Un rapporto destinato a influenzare la vita politica ed economica – dice Vittorio Pelligra, docente di economia delle decisioni nell'università di Cagliari – che ci obbligherà a costruire un welfare dedicato, con costi stratosferici per l’isola». La Sardegna sta inanellando una serie di record negativi che hanno un unico comune denominatore e destinatario: la famiglia appunto. L’isola è la regione in cui nel 2012 è stato registrato il maggior incremento di sfratti eseguiti rispetto all'anno precedente: ben 315 con un aumento del 77 per cento sul 2011. Un dato in perfetta sintonia col 68,9% dei sardi (62,3 è la media italiana) che percepiscono come troppo alte le spese per l'abitazione.

La famiglia scoppia e in Sardegna sembra avere esaurito sotto i colpi della disoccupazione il suo ruolo di primo ammortizzatore sociale: i senza lavoro sono ormai quasi il 20%. Il tasso di disoccupazione tra le persone 15-34 anni è aumentato di 6,1 punti percentuali, attestandosi al 35,2 per cento nel 2013. Nella stessa fascia d'età, l'anno scorso non lavorava, non studiava e non frequentava corsi formativi il 33,9% della popolazione corrispondente. Tutti i dati Caritas e sindacali quantificano in 147 mila le famiglie povere, al di sotto della soglia di povertà relativa. La gran parte di queste sono da ricercare tra i 476.549 pensionati Inps il cui assegno medio mensile non supera 672 euro. Una crisi che fa cambiare strategia anche al sindacato. «D'ora in poi la tutela sindacale – ha annunciato Oriana Putzolu, segretario generale Cisl – sarà esercitata in termini familiari piuttosto che individuali». «Lo Stato – ha aggiunto l'arcivescovo Arrigo Miglio – si ricordi che la famiglia è un soggetto pubblico, rafforzarla significa costruire un pilastro forte a sostegno della società e delle istituzioni».

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