La Nuova Sardegna

Il mistero dell’uomo minacciato

Il mistero dell’uomo minacciato

L’ex capo della Mobile ha riferito di un episodio accaduto 8 giorni dopo l’omicidio

27 giugno 2014
2 MINUTI DI LETTURA





NUORO. Otto giorni dopo l’omicidio di Dina Dore, nella notte tra il 3 e il 4 aprile del 2008, all’una e 50 del mattino, a Nuoro, in viale Costituzione, c’è un uomo che cammina, seppur un po’ barcollante perché ha a alzato il gomito.

Poco dopo – racconterà in seguito alla polizia un’abitante delle case vicine – quell’uomo viene raggiunto da una Opel Astra grigia. «Ho sentito – racconterà la donna agli investigatori – che gli dicevano “Sappiamo che sei stato dai carabinieri di Gavoi, stai attento a quello che dici o ti ammazziamo come un cane”». Emerge ieri mattina, dalla deposizione in aula dell’allora dirigente della squadra mobile nuorese, Ferdinando Rossi, un episodio che finora era rimasto sotto traccia, tra le migliaia di carte che compongono le indagini dell’omicidio di Dina Dore.

Un episodio di sette anni fa che per l’accusa rappresenta un dato irrilevante perché non era approdato a nulla, ma che per la difesa, invece, rappresenta una delle prove che testimoniano che a Gavoi già da allora c’era qualcuno che conosceva un’altra verità sulla morte di Dina Dore, o quantomeno qualche particolare importante, e finora non lo ha mai rivelato.

Quell’uomo minacciato di morte in viale Costituzione otto giorni dopo la morte di Dina, si chiama Fabrizio Sedda, è del ’71, e vive di lavori saltuari.Gli inquirenti lo scoprono perché la donna nuorese che aveva assistito alla scena lo descrive molto bene. La polizia lo trova, poco dopo l’episodio, mentre cerca di nascondersi dietro un albero, in viale Sardegna. Lo carica nella Volante, lo sente, e lui conferma che sì, era stato avvicinato da un Opel Astra grigia, che chi c’era al suo interno lo aveva chiamato per nome.

«Mi ha detto “Ciao, Fabri” – spiega Sedda nella sua denuncia – e io gli ho risposto “Vaffanculo”». Sedda, nel suo racconto, ammette poi che gli occupanti dell’Opel Astra gli avevano detto anche un’altra frase, ma che lui non le ricordava bene «perché ero sbronzo», così come non ricordava chi erano i suoi compaesani dentro l’auto. La frase in questione, invece, la ricordano bene alcuni abitanti di viale Costituzione.

Che agli agenti di polizia confermano di aver sentito proprio quella minaccia: «Se torni dai carabinieri di Gavoi, ti ammazziamo come un cane». E gli stessi residenti affermano anche di aver sentito Fabrizio Sedda rispondere: «Se devi sparare, spara». (v.g.)

In Primo Piano
La polemica

Pro vita e aborto, nell’isola è allarme per le nuove norme

di Andrea Sin
Le nostre iniziative