La Nuova Sardegna

“Senza parole” Pistidda contro il femminicidio

“Senza parole” Pistidda contro il femminicidio

A Palazzo Ducale l’installazione dell’artista sassarese: sagome di scarpe per denunciare la violenza sulle donne

23 giugno 2014
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SASSARI.. È visitabile da venerdì scorso, nella Sala Duce di Palazzo Ducale, l’installazione di Ginesio Pistidda “Senza parole”(dal martedì al venerdì, dalle 10 alle 13.00 e dalle 16.30 alle 19.30)

"Senza parole" vuole essere una chiave di lettura per chi cammina ed affronta il primo approccio con la tematica del femminicidio. Il disagio è vissuto, da persona a persona, da donna a donna, la cui forza viene espressa "senza"gesti personali, ma solo con impronte capaci di evocare quella unione d'intenti comuni. Il disagio è spiegato, da parole scritte e recitate, dove le interpreti agiscono nell'interesse di una comune relazione di vita vissuta o narrata da storie di replicata violenza. “Senza parole”, vuole essere lo sguardo, il gesto e la voce femminile che attraversa il passato violento di uomini incapaci di amare una donna, si trasforma in comunicazione artistica, veloce, videodinamica positiva.

L'installazione è composta da 300 sagome di scarpe di donna collocate a terra a forma di chiocciola, determinano un'estensione a raggiera, costruendo un perimetro spaziale invalicabile e impercorribile ma solo espandibile. Il sentiero installativo - scultoreo è animato da un video tra immagini e parole di donne (scrittrici e poetesse) che recitando liberamente in spazi aperti, evocando il disagio e la voglia di vivere che appartengono loro.

«Una spirale – scrive Mariolina Cosseddu nella nota critica che presenta l’iniziativa – che si avvolge ritmicamente su se stessa e si avvita in un gorgo che pian piano si dirada e si orienta in mille infinite direzioni: così si offre alla vista l' installazione di Genesio Pistidda. La composizione, evocando i simboli stessi della violenza sulle donne, ne capovolge il carattere doloroso per trasformarlo in un vasto e trascinante percorso di riscatto e speranza. Recuperati dagli scarti di una fabbrica, i modelli si danno come orme frementi che si incamminano silenziosamente. Ma la raggiera è luogo impercorribile nel suo stringente andamento, spazio inviolabile concesso solo alla presenza femminile, custode della propria intimità. Decise però, le donne qui celate, a cercare sentieri praticabili di umana convivenza. L'intento di Genesio Pistidda è dunque quello di superare la funzione denunciataria, per farsi riflessione più vasta e corale di un mondo in cui, azzerati brutalità e soprusi, possa prendere consistenza una condizione di assoluta libertà e fiducia».

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