La Nuova Sardegna

Porto Torres, ora si pensa alle bonifiche

di Pinuccio Saba
Porto Torres, ora si pensa alle bonifiche

Sul tavolo ci sono i 530 milioni messi a disposizione da Eni, ma il timore è che alle aziende sarde restino solo le briciole

18 giugno 2014
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PORTO TORRES. Messa alla spalle la giornata “di festa” è ora di fare i conti con i problemi di tutti i giorni. Problemi che riguardano principalmente la burocrazia che, nel progetto complessivo della chimica verde, si ripercuotono soprattutto sulle bonifiche industriali. Che non sono, come in molti sostengono, un’alternativa la progetto portato avanti da Matrìca. La chimica verde segue un percorso burocratico e normativo diverso da quello delle bonifiche, e anche le ricadute in termini economico-occupazionali sono decisamente differenti. Anche se a leggere i numeri può sembrare che le bonifiche siano la panacea per tutti i mali del polo industriale di Porto Torres. Effettivamente per le bonifiche Eni e le sue controllate dovranno spendere molto di più dei 530 milioni messi a disposizione. Somme che però andranno alle grandi aziende superspecializzate, mentre alle imprese sarde (tanto per cambiare) resteranno solo le briciole del sub appalto o, al massimo, l’affidamento dei trasporti.

Il cuore del business è quindi la chimica verde, anche per quanto concerne l’occupazione. Finora Matrìca ha speso 180 milioni di euro e per completare i primi impianti ne occorreranno almeno altri 15. Con una ricaduta sulle imprese del territorio che hanno lavorato nei settori edile e dell’impiantistica. Operazione che ha avuto un importante (e tangibile) riconoscimento dall’Unione Europea che ha stanziato 70 milioni di euro - spalmati in 12 anni - per la qualità degli impianti. Che non vuol dire che non hanno alcun impatto sull’ambiente, come ha spesso sottolineato l’amministratore delegato di Matrica Catia Bastioli, ma più realmente che la chimica verde non può essere paragonata neppure lontanamente alla chimica tradizionale. Un progetto sul quale sia Novamont sia Versalis hanno puntato, nel quale credono fermamente e che a fine percorso (2016) dovrebbe portare all’occupazione di quasi 700 persone. Tanto che, nonostante la fabbrica portotorrese sia solo una neonata, il settore commerciale sta già sondando i principali mercati europei e americani, con particolare attenzione per quegli stati che hanno mostrato una spiccata tendenza alla protezione ambientale. Ma quello è il futuro, un futuro che potrà coinvolgere anche le imprese sarde se accoglieranno il suggerimento arrivato da più parti di trasformare in loco il Mater Bi prodotto da Matrìca in shopper, piatti, posate e bicchieri biodegradabili. E non va dimenticato l’ultimo aspetto del progetto e cioè la costruzione della centrale a biomasse. Si tratta di un investimento da 250 milioni di euro, che per tre o quattro anni darà lavoro a centinaia di persone. Indubbiamente si tratta anche del progetto sul quale si sono concentrate le perplessità e i sospetti degli ambientalisti. Che non nascondono il timore che Eni Power voglia realizzare un mega termovalorizzatore, cioè destinato a bruciare rifiuti e non solo gli scarti delle lavorazione vegetali. Ipotesi sempre seccamente smentita dall’Eni, ma gli ambientalisti non si fidano, soprattutto alla luce di quanto accaduto in passato.

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