La Nuova Sardegna

Pigliaru non ha dubbi: «Il San Raffaele pediatrico si fa»

di Alfredo Franchini
Pigliaru non ha dubbi: «Il San Raffaele pediatrico si fa»

Il governatore rassicura gli scettici sull'operazione che con le risorse di Qatar Foundation porterà a Olbia nella struttura in costruzione un polo sanitario per bambini di eccellenza internazionale sotto la gestione medico-scientifica del Bambin Gesù di Roma

15 giugno 2014
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CAGLIARI. Il matrimonio della Regione con la Qatar Foundation ci sarà. Il nuovo ospedale San Raffaele di Olbia, sarà un centro di eccellenza internazionale. Il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, ne è convinto: «Stiamo lavorando, in stretta collaborazione con l’assessorato alla Sanità, perché l’ospedale si faccia e lo stiamo facendo secondo i tempi definiti e codificati nell’intesa firmata in Sardegna il 16 maggio scorso». La tesi è chiara: l’ospedale San Raffaele deve nascere perché sarà importante per la sanità sarda e per la ricerca ma anche perché può essere una sorta di biglietto da visita per attrarre altri investitori stranieri. E per questo Pigliaru metterà una sorta di voto di fiducia (che tecnicamente non esiste in Consiglio regionale) perché il progetto sia approvato nei tempi fissati e cioè entro il 24 giugno. Il presidente della giunta ha spiegato i passaggi in questa intervista alla Nuova.

La giunta ha ereditato questo progetto dal passato e l’ha subito sposato facendo partire il confronto con la Qatar Foundation. È andata così?

«Appena il governo ha incominciato a lavorare abbiamo esaminato il piano. Il Qatar era affaticato dalle lunghe fasi precedenti, che erano state promettenti ma poco conclusive e ci ha chiesto certezze».

Quali certezze ha chiesto la Qatar Foundation?

«Non sui tempi di costruzione dell’ospedale ma semplicemente su una nostra risposta che fosse positiva o negativa. E siccome in campagna elettorale abbiamo sempre parlato della necessità di semplificare e di combattere la burocrazia, dovevamo dare risposte certe. Ci siamo messi al lavoro e nel giro di una dozzina di giorni abbiamo definito l’intesa che è poi stata sottoscritta in Sardegna il 16 maggio. Un investitore estero vuole conoscere la tempistica precisa».

Ora, però, ci sono alcuni passaggi che non sono sotto il vostro controllo?

«Sì, innanzitutto il governo nazionale deve intervenire per creare gli spazi adeguati perché il nuovo ospedale possa collocarsi in Sardegna senza avere un impatto eccessivo nei confronti del sistema sanitario, anzi perché possa diventare un complemento virtuoso, sinergico, del sistema regionale esistente».

E poi c’è il passaggio previsto in Consiglio regionale.

«La proposta precisa sull’assetto dell’ospedale non sarà adottata dalla giunta ma sarà validata dal Consiglio al quale consegneremo la migliore proposta possibile».

La data del 24 giugno rischia di saltare?

«Se ci dovesse essere uno scostamento, indipendente dalla nostra volontà, sarebbe comunque davvero minimo».

La questione del San Raffaele travalica la sanità e diventa un paradigma del modo di agire della giunta per attrarre nuovi investimenti?

«Il governo italiano considera la questione paradigmatica per l’Italia, figuriamoci se non lo è per la Sardegna. Vorrei che questa storia servisse a lucidare la reputazione della Sardegna come luogo in cui si prende molto sul serio ciò che gli investitori privati desiderano fare».

Per questo c’è stata la conferenza stampa con Renzi?

«La conferenza si è innestata sul lavoro che noi avevamo avviato in Sardegna. E mi ha fatto molto piacere perché ha certificato l’interesse del governo».

L’operazione che sembrerebbe facile nel momento in cui c’è un investitore che porta molti soldi in Sardegna, ha trovato tanti ostacoli. Come mai?

«Gli ostacoli reali sono le grandi preoccupazioni che localmente è ragionevole avere quando non si hanno ancora le informazioni precise, nel caso specifico sulla tipologia di ospedale su cui stiamo ragionando».

Forse c’è troppa riservatezza?

«In questa fase è inevitabile ma quando avremo condiviso in dettaglio la nostra proposta e si vedrà che corrisponde al buon senso, passeranno tutti i mal di pancia».

Per chi è importante il nuovo ospedale?

«Per tutti i sardi, per Olbia, per le Università di Sassari e Cagliari, per la ricerca del Crs4. Avrà un grande ruolo con 10 milioni l’anno destinati alla ricerca e un centro di eccellenza così potrà essere il volano per ulteriori investimenti».

Imprese intenzionate a investire in Sardegna?

«Ci sono multinazionali nel campo della ricerca bio medica, società come la Siemens, che con la presenza di un hub scientifico possono trovare in Sardegna un clima favorevole al business».

E con le casse della Regione vuote è vitale attrarre investitori.

«Vedo molto difficile uscire dalla crisi e creare posti di lavoro in numero adeguati senza gli investimenti dei privati. In questa vicenda c’è un preciso protagonismo regionale che deve essere valorizzato se vogliamo fare del marketing territoriale».

Quindi un ospedale di fama internazionale che servirà anche al trasferimento di conoscenza se usato come un biglietto da visita?

«L’obiettivo è quello di migliorare l’offerta per le esigenze dei sardi e anche di parlare con il mondo. Deve aiutarci a ridurre i flussi di emigrazione passiva, soprattutto a livello pediatrico, e dall’altra parte vogliamo aumentare la migrazione attiva cioè di pazienti che vengono qui a farsi curare a carico di altri sistemi sanitari.

Cambiamo argomento, in questi giorni avete messo mano a diverse agenzie con dei commissariamenti.

«Così com’è la Regione è un organismo complicato che tende a generare più problemi di quanto non siamo in grado di risolvere, noi stiamo lavorando per alleggerire la macchina, lenta, rigida. Vogliamo semplificare. Quando ci rendiamo conto che un assessorato è in grado di svolgere funzioni attribuite a u ente dobbiamo intervenire».

Come?

«Se l’agenzia ha forti motivi di esistere bene altrimenti portiamo le funzioni dentro la struttura regionale».

È il caso della Conservatoria delle coste?

«Non significa che non siano interessati alla conservazione delle coste, anzi, il contrario. Vuole dire che quella forma decisa molti anni fa grazie a una grande visione, poi nei fatti ha dimostrato di essere in difficoltà. È stato fatto anche un buon lavoro ma non era quello lo scopo per cui era nata; quel lavoro può essere svolto a costo inferiori dentro l’assessorato».

Poi il caso di Sardegna Promozione.

«Era nata in modo diverso da quello che è diventata; avrebbe dovuto essere un’Agenzia di promozione complessiva, inclusi gli investimenti esteri. Allora meglio che sia preso in carico dall’assessorato e ancora meglio da un’Unità di missione che costruiremo nei prossimi giorni».

In agenda nelle prossime settimane avete la grande riforma dell’amministrazione?

«È un punto decisivo, si baserà su tre concetti: flessibilità, mobilità e meritocrazia».

C’è molta attesa anche per la nuova legge urbanistica.

«Ci aiuterà a sbloccare molta attività economica. A quel che mi risulta l’assessorato sta lavorando per sbloccare circa 25 Puc».

Novità nella trattativa sulla vertenza entrate?

«Stiamo lavorando tecnicamente e le sensazioni sono molto positive. Col nuovo patto di stabilità, saremo la prima regione ad avere la regola del pareggio di bilancio. Aumenterà la nostra responsabilità».

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