La Nuova Sardegna

Sempre meno figli, Sardegna ultima in Europa

di Felice Testa
Sempre meno figli, Sardegna ultima in Europa

L'Istat: nel 1952 l’isola era la regione in Italia in cui nascevano più bambini, fra le ragioni della natalità ridotta anche i cambiamenti della presenza femminile nella società

12 giugno 2014
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CAGLIARI. In sessant’anni la Sardegna è passata da regione più feconda d’Italia, a regione meno prolifica d’Europa. Nel 1952 la media per le donne sarde era di 3,8 figli, nel 2012 si è ridotta a 1,1 con un età media per il primo parto di 32,3 anni: la più alta in Italia. La Sardegna è anche la regione italiana che registra il calo maggiore nel numero di coppie con figli. Una transizione demografica che comporta rilevanti conseguenze di carattere economico e sociale. Non ultima, una modifica della struttura familiare che prelude alla scomparsa di una categoria nata, con esiti non sempre felici, nella notte dell’umanità da Hevel e Qayin, meglio noti come Caino e Abele. La Sardegna, già regione con uno dei più alti indici di vecchiaia del mondo, se la tendenza dovesse continuare, rischierebbe di diventare anche un’isola senza più fratelli.

Di crisi demografica e crisi economica nel Mezzogiorno d’Italia ha parlato il presidente dell’Istat, Antonio Golini, al 47° congresso nazionale della Società italiana di statistica che si tiene in questi giorni all'università di Cagliari. Il quadro disegnato dal presidente dell’Istat, illustra un’emergenza non solo sarda bensì nazionale e che riguarda in particolare il Mezzogiorno, una volta riserva demografica della nazione, ora nella condizione di non poter garantire più il ricambio generazionale, fissato a due figli per coppia. «Incredibile Sardegna – definisce l’isola, Antonio Golini – da regione più giovane a regione più vecchia nell’arco di una generazione e mezza». Un processo che, per il presidente dell’Istat, affonda le radici nelle trasformazioni culturali che riguardano il mondo femminile. «In Sardegna, lo dico come un fatto positivo – sottolinea – l'emancipazione femminile è stata più rapida che in altre regioni, con un allontanamento più veloce dalle regole della vecchia società patriarcale. Dal 1970 al 2007 le statistiche ci parlano di un'area di fecondità perduta che io chiamerei l'area della libertà delle donne, dovuta a un maggior accesso all'istruzione, al mondo del lavoro, alla possibilità di scelta coniugale e riproduttiva. Del resto abbiamo assistito a un cambiamento di mentalità in tutta Europa per quanto riguarda la struttura della famiglia. Oggi una famiglia con un figlio è considerata normale, una con quattro, stravagante. In inglese le famiglie senza prole vengono chiamate non solo “childless family”, famiglia senza figli, che non ha potuto avere figli, ma anche “childfree family”, famiglia libera da figli, coppie fertili che decidono di non procreare».

Alla crisi demografica del Mezzogiorno si accompagna la crisi economica, quella che divide, nella cartina d’Italia mostrata da Golini, il paese in due zone colorate, il Sud rosso, con un tasso di occupazione al 40%, che sale al 61% tra i laureati, contro il Nord, verde, che sale al 90% tra coloro che hanno un titolo di istruzione universitaria e con un dato sulla povertà e sulle famiglie in difficoltà del 5,7%, la metà del Sud che tocca la percentuale dell’11%.La Sardegna è colorata in rosso. A pieno titolo in quell’area che Golini definisce «un’iceberg alla deriva dal continente, un’enorme massa di ghiaccio che naviga nel Mediterraneo staccata dall’Europa, nelle stesse condizioni in cui si trovava la Germania Est prima della riunificazione. L’enorme sforzo della Germania Ovest permise l’uscita dalla crisi. Per il Mezzogiorno d’Italia, Sardegna compresa, occorre lo stesso enorme sforzo di tutti».

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