La Nuova Sardegna

Riforma lenta, attive tutte le basi dell’isola

di Pier Giorgio Pinna

I poligoni dovevano essere ridotti da tre a uno, invece il peso delle servitù militari resta invariato

05 giugno 2014
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SASSARI. Cresce l'attesa per il destino delle servitù nell'isola. O, meglio, resta sempre alta l’attenzione sull’analisi delle prospettive. Prospettive in chiave politica, innanzitutto. Mirate a verificare i livelli d'impegno militare che fanno della Sardegna la regione sulla quale grava ancora oggi il maggior peso della presenza di stellette: 22mila ettari a terra e parecchie altre decine di migliaia a mare (che in cicli periodici aumentano spesso per i divieti di pesca e di transito imposti durante war games e addestramenti).

L’ex base di Santo. Stefano. Dopo la chiusura alla Maddalena nel febbraio 2008 del distaccamento Us-Navy per la manutenzione dei sommergibili atomici di stanza nel Mediterraneo, le aree di riferimento militari nell’isola sono rimaste sostanzialmente tre. Ma solo uno dei poligoni (Teuldada. Quirra-Perdasdefogu, Capo Frasca) dovrebbe sopravvivere ai tagli delle spese. Almeno così è previsto nei piani legati alle iniziative parlamentari più recenti. Progetti che fanno capo a una riforma presentata dal deputato gallurese del Pd Gian Piero Scanu. Le prossime scelte potrebbero appunto dipendere dalle caratteristiche di ciascun poligono e dalle loro possibili interconnessioni residuali. Ecco un quadro aggiornato della situazione.

Salto di Quirra. Sorto come per le sperimentazioni dell'Arma azzurra, il Pisq è il poligono più grande d'Europa. Dalla seconda metà degli anni Sessanta, la Difesa ha aperto la struttura ad altri Paesi. Sono così arrivati inglesi, tedeschi, francesi, giapponesi, cinesi. E anche delegati di nazioni "non amiche" come Libia e Iraq. Bastava pagare per utilizzare il complesso. Che presto aveva consentito l'ingresso persino all'industria bellica privata. Ci sono voluti così il coraggio e la tenacia del procuratore della Repubblica Domenico Fiordalisi per riuscire ad avviare un'indagine sulle morti sospette e sui danni ambientali nell'area.

Capo Teulada. Al 1956 risale anche il primo nucleo di questa base. All'epoca, vennero ritagliati 7.200 ettari da chiudere con filo spinato. Alcuni dei 232 proprietari cercarono di opporsi, ma alla fine cedettero. Oggi il suo perimetro è di circa 50 chilometri. Nella zona si sono spesso addestrati i reparti di fanteria corazzata dell'esercito italiano e, periodicamente, le forze armate dei Paesi che aderiscono all'Alleanza atlantica. Di frequente, è stato teatro di guerre simulate delle forze Nato.

Capo Frasca. In questo caso il poligono è gestito dall'Aeronautica. Esteso su 1.600 ettari, comprende un tratto di costa di 17 km. Viene utilizzato soprattutto dai piloti di cacciabombardieri. Qui sparano in determinate situazioni i jet che decollano da Decimomannu: gli italiani Tornado, Amx e Harrier e gli alleati Tornado, F15, F16, F18 .

Tavolara. Sull'isola, di fronte a Porto San Paolo, esiste una struttura della quale si parla sempre poco: un centro di telecomunicazioni subacquee in passato soprattutto di supporto ai sommergibili americani nel Mediterraneo. Ma non solo a queste unità. Sofisticatissime attrezzature, collegate a sistemi satellitari, negli ultimi anni sono state potenziate.

Decimomannu. In genere è usata come base per addestrare i piloti degli aerei da combattimento. Da qui decollano i jet per i tiri a Capo Frasca e per le sperimentazioni a Capo San Lorenzo. E da qui sono partite alcune missioni per la Libia durante l'ultimo conflitto.

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